

COORDINAMENTO CONTRASTO PROPAGANDA MEDIATICA
21/4/2017
Nonostante le conseguenze devastanti dell’invasione del 2011, l’Occidente è oggi lanciato sulla stessa traiettoria nei riguardi della Siria. Proprio come l’amministrazione Obama ha stroncato Gheddafi nel 2011, accusandolo di violazione dei diritti umani e insistendo che doveva essere rimosso dal potere al fine di “proteggere il popolo libico”, così l’amministrazione Trump sta oggi puntando il dito contro le politiche “repressive” di Bashar al-Assad in Siria e lanciando l’avvertimento che il suo regime è destinato a terminare presto — tutto ovviamente in nome della protezione dei civili siriani.
Ma mentre gli Stati Uniti e i loro alleati si dimostrano effettivamente incapaci di fornire una qualsiasi base legale a giustificazione dei loro recenti attacchi aerei —figurarsi poi fornire una qualsiasi evidenza concreta a dimostrazione del fatto che Assad sia effettivamente responsabile dei mortali attacchi chimici della scorsa settimana — emergono sempre più chiaramente i pericoli connessi all’invasione di un paese straniero e alla rimozione dei suoi leader politici.
Il Guardian ha riportato che sebbene “la violenza, l’estorsione e il lavoro in schiavitù” siano stati già in passato una realtà per le persone che transitavano attraverso la Libia, recentemente il commercio degli schiavi è aumentato. Oggi la compravendita di esseri umani come schiavi viene fatta apertamente, alla luce del sole.
Il paese nordafricano viene usato spesso come punto di uscita per i rifugiati che arrivano da altre parti del continente. Ma da quando Gheddafi è stato rovesciato nel 2011 “il paese, che è ampio e poco densamente popolato, è piombato nel caos della violenza, e i migranti, che hanno poco denaro e di solito sono privi di documenti, sono particolarmente vulnerabili“, ha spiegato il Guardian.
Un sopravvissuto del Senegal ha raccontato che stava attraversando la Libia, proveniendo dal Niger, assieme ad un gruppo di altri migranti che cercavano di scappare dai loro paesi di origine. Avevano pagato un trafficante perché li trasportasse in autobus fino alla costa, dove avrebbero corso il rischio di imbarcarsi per l’Europa. Ma anziché portarli sulla costa il trafficante li ha condotti in un’area polverosa presso la cittadina libica di Sabha. Secondo quanto riportato da Livia Manente, la funzionaria dell’IOM che intervista i sopravvissuti, “il loro autista gli ha detto all’improvviso che gli intermediari non gli avevano passato i pagamenti dovuti e ha messo i passeggeri in vendita“. La Manente ha anche dichiarato:
Il sopravvissuto senegalese ha detto di essere stato portato in una prigione improvvisata che, come nota il Guardian, è cosa comune in Libia.
Ora, mentre il governo degli Stati Uniti sta insistendo nell’idea che un cambio di regime in Siria sia la soluzione giusta per risolvere le molte crisi di quel paese, è sempre più evidente che la cacciata dei “dittatori” — per quanto detestabili possano essere — non è una soluzione efficace. Rovesciare Saddam Hussein non ha portato solo alla morte di molti civili e alla radicalizzazione della società, ma anche all’ascesa dell’ISIS.
Mentre la Libia, che un tempo era un modello di stabilità nella regione, continua a precipitare nel baratro in cui l’ha gettata “l’intervento umanitario” dell’Occidente — e gli esseri umani vengono trascinati nel nuovo mercato della schiavitù, e gli stupri e i rapimenti affliggono la popolazione — è sempre più ovvio che altre guerre non faranno altro che provocare ulteriori inimmaginabili sofferenze.
Fonte: www.sapereeundovere.com
Sono passati 7 anni dal giorno in cui i RATTI della NATO, dopo una guerra colonialista durata 7 mesi, assassinavano il Leader della Jamahiriya Libica, Muammar Gheddafi.
Quest’ anno forse più degli altri anni il popolo Libico ricorda questo avvenimento, con celebrazioni in Libia ed all’ estero. Sui social circolano vari posts e foto delle celebrazioni in varie città.
La foto raffigura uno dei manifesti affissi nella città di Ajdabia
http://za-kaddafi.org/node/45852
Bani Walid ricorda l’anniversario del “trono di gloria” di Gheddafi 2018/10/20
Ghat
http://za-kaddafi.org/node/45846
Celebrazioni a Ghat
http://za-kaddafi.org/node/45849
Gli espatriati libici nella Repubblica araba d’Egitto hanno celebrato una cerimonia commemorativa sabato sera celebrando il settimo anniversario della partenza del leader libico Muammar Gheddafi e dei suoi compagni.
La celebrazione, che si è tenuta nella capitale egiziana Il Cairo, ha visto la presenza di un certo numero di sfollati e membri della comunità libica in Egitto, e la partecipazione di alcuni nazionalisti arabi che hanno dedicato pregieredel Santo Corano per le vite di “martiri” della Libia nel 2011.
Durante la cerimonia sono stati pronunciati numerosi discorsi che si sono occupati degli eventi della Libia durante gli eventi di febbraio e hanno discusso della marcia del defunto leader Muammar Gheddafi.
https://www.afrigatenews.net/…/%D8%A7%D9%84%D9%85%D9%87%D8%…% D9% 84% D9% 84% D9% 8A% D8% A8% D9% 8% D9% 88% D9% 86% D8% A8% D9% 85% D8% B5% D8% D8% D9% 88% D9% D8% D8% D8% D8% D8% B8% D9% 89% D8% B1% D8% AD% D9% 8% D9% 84% % D8% A9% D9% 84% D9% 82% D8% B0% D8% A7% D9% 81% D9% 8A /
https://www.facebook.com/groups/alGaddafi/permalink/1869136143124058/
celebrazioni anche a Parigi, Mosca, Benin, Camerun, Niger.
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Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione
Roma, 7 apr. (TMNews) – Roberto Saviano parla delle sue radici ebraiche in un’intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, che ieri gli ha dedicato due pagine in occasione dell’uscita in ebraico del suo secondo romanzo (“La bellezza e l’inferno”, 2009).
Il talento a raccontare le storie, Saviano dice di averlo ereditato dal nonno Carlo: “I genitori di mia madre erano ebrei, e io sono cresciuto sulle ginocchia del nonno che ha contribuito moltissimo alla mia educazione” spiega lo scrittore, “mi rivedo ad ascoltare le sue storie quando avevo tre anni, ha continuato fino ai miei 15”.
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Saviano cita a memoria la frase dei Salmi che il nonno gli ripeteva sempre: “Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo”. E continua: “Una volta da bambino andai a dormire e mi resi conto che quel giorno non avevo pensato a Gerusalemme, ero spaventato, ero sicuro che avrei perso il braccio destro e avrei smesso di parlare”.
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Nonno Carlo, racconta Saviano allo Yedioth, non era religioso ma “la tradizione ebraica è comunque entrata nella casa. Il sabato (Shabbat, la festa del riposo per gli ebrei, ndr) era un giorno particolare, anche se mio padre era cattolico e il nostro giorno di riposo era la domenica”.
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Soltanto da adulto, l’autore di Gomorra ha compreso il senso di alcune abitudini, che allora gli sembravano stranezze. “A Pasqua il nonno buttava dell’acqua sul pavimento, poi attraversava la stanza come a separare l’acqua in due lati, e io camminavo dietro di lui facendo lo stesso. Quando veniva la Pasqua cristiana onoravamo le radici di mio padre. Nella mia famiglia le due religioni hanno sempre convissuto” dice ancora Saviano.
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Nell’intervista al quotidiano israeliano, parla anche dell’incontro di due anni fa a Gerusalemme con il presidente Shimon Peres e delle sue prese di posizione pubbliche a favore dello Stato ebraico. “Ho imparato cosa vuol dire essere vicino alla democrazia israeliana -dice- posso accettare dure critiche alla politica del governo israeliano, soprattutto quella degli ultimi anni, ma questo non ha niente a che vedere con il riconoscimento della legittimità Israele”, con la libertà di espressione o con la sua capacità di garantire uno stato di diritto.
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“Ho detto soltanto che Israele ha altri aspetti, oltre al confitto militare, come la sua capacità di accogliere minoranze etniche e la sua apertura verso gli omosessuali, in particolare quelli arabi; il riconoscimento del diritto dell’altro e del diverso”. Queste posizioni hanno attirato critiche, attacchi, minacce. “Ci sono stati commenti violenti tipo Saviano è filo-israeliano e quindi un criminale, o ‘una persona che lotta contro la mafia sostiene la mafia israeliana’. Sono arrivati a fare delle magliette con il mio volto sopra e la scritta ‘quest’uomo è sionista’. Su Internet hanno scritto Saviano uguale Israele uguale mafia”.
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Quella di cercare di gettare merda su Gheddafi, è una moda, periodicamente ci provano, inventando qualcosa di nuovo. Questa volta hanno affidato il compito a quello che il sistema stesso ha eletto a scrittore di grande “successo”.
Vediamo uno dei tanti articoli, fotocopia l’uno dell’ altro e poi facciamo qualche considerazione.
Un’altra co-produzione che coinvolge l’Italia si prepara a conquistare il mercato internazionale: è di pochi minuti fa, infatti, l’annuncio che la casa di produzione eOne e l’italiana Palomar produrranno Gaddafi, una serie tv basata sulla vita del leader della Libia Mu’ammar Gheddafi. Italiano anche il nome di chi sarà alla sceneggiatura di questa produzione, ovvero Roberto Saviano, che ha co-creato la serie con Nadav Schirman, autore del documentario “The Green Prince”. I due saranno anche produttori esecutivi.
Gaddafi viene presentato come “una storia epica, crudele e contemporanea su un uomo con un desiderio senza fondo per il potere e che voleva una rivoluzione mondiale. Un uomo caduto in rovina, travolto dai suoi più terribili vizi. Un tiranno. Gheddafi è stato un leader enigmatico arrivato dal deserto che ha provato a conquistare il mondo. Un uomo che ha creduto nella sua visione per la Libia, ma che è stato ucciso dal suo stesso popolo”.
Ancora non sono stati resi noti il numero di episodi prodotti nè il cast o, soprattutto, dove questa serie tv andrà in onda all’estero (i diritti per la distribuzione sono di eOne) ed in Italia. Resta comunque il fatto che Gaddafi si preannuncia come una serie ambiziosa che racconterà la vita del militare che per 42 anni è stato la massima autorità libica, per poi essere deposto dal Consiglio Nazionale di Transizione durante la guerra scoppiata nel Paese sei anni fa, che ha portato alla sua cattura ed alla sua esecuzione.
“E’ una serie tv su un guerriero, un sognatore che è diventato un tiranno selvaggio e senza pietà”, ha commentato Saviano. “Un tycoon multimilionario del petrolio ed un oppressore perfido. E’ la storia di un avventuriero del deserto, un tiranno che si auto-assegnato attacchi terroristici che non aveva organizzato e che si è auto-associato a gruppi terroristici che non conosceva in modo da avere il monopolio di una delle sue più importanti risorse, la paura”.
“Siamo entusiasti di collaborare con Palomar, che condivide con noi la passione per i drama audaci”, ha invece detto il presidente della eOne Pancho Mansfield. “Siamo contenti di avere Roberto e Nadav a bordo di questo grande progetto. L’impegno di Roberto nella ricerca e la sua abilità nell’intrecciare le informazioni sull’ascesa e caduta di Gheddafi in un racconto accattivante porterà ad un prodotto di grande televisione”.
“Stiamo iniziando un nuovo incredibile progetto e siamo molto orgogliosi di farlo con eOne”, ha aggiunto Carlo Degli Esposti, presidente di Palomar, a cui si devono anche Il Commissario Montalbano e Braccialetti Rossi. “Condividiamo con Saviano e Nadav l’entusiasmo nel creare una grande storia per la televisione che esplora a fondo il nostro recente passato e che ci aiuterà a capire il presente ed il futuro”, ha infine detto Nicola Serra, direttore generale di Palomar.
Un nuovo impegno che mette la produzione italiana a fianco di un partner internazionale, dopo I Medici ed il recente annuncio della partership tra la Rai e la Hbo per la trasposizione in tv de L’amica geniale. Gaddafi riporta inoltre Saviano a lavorare sulla serialità, dopo il successo di Gomorra-La serie.
Articolo preso da: http://www.tvblog.it/post/1450876/gaddafi-serie-tv-roberto-saviano-palomar?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+tvblog%2Fit+%28tvblog.it%29
Ora, vorrei solo dire, parlare di Saviano oggi, in questo paese così “democratico” è pericoloso, ci hanno spiegato che Saviano combatte la mafia. Quindi se critichi il DIO Saviano sei mafioso.
Guardacaso Saviano è di origini ebraiche, ( sono dapertutto, peggio delle mosche), se critichi un ebreo sei antisemita.
Ma Saviano è mai stato in Libia?, se uno scrive su qualcosa o qualcuno dovrebbe prima documentarsi, lui può viaggiare, lui ha i soldi.
Che qualcuno spieghi a Saviano le conquiste sociali della Libia sotto il “” dittatore””, paragoanatele alla situazione attuale con i RATTI “democratici”.
Si potrebbe dire tanto altro, le sue affermazioni sono false e possono essere smontate punto per punto, ma poi penso, questi personaggi in realtà sono il nulla, vivono perchè la gente parla di loro,è il sistema che ha deciso il loro “successo”, adesso Saviano e tanti altri servono al sistema, quibdi ecco il successo, quando non serviranno più la loro caduta sarà velocissima e rovinosa, in pochi giorni la gente dirà: saviano? ma chi cazzo è ?
Occorre essere vigili. Sempre. Non ci portano via tutto in una volta. No. Sarebbe altrimenti evidente il processo di aggressione frontale ad opera della aristocrazia finanziaria, la nuova classe dominante post-1989 che sta distruggendo tutte le conquiste del mondo proletario (lavoro, diritti, ecc.) e del mondo borghese (famiglia, enti pubblici, Stato: in una parola, ciò che Hegel chiamava “eticità”).
La nuova classe dominante, con lenta e solerte continuità, ci sta portando via una dopo l’altra tutte le nostre conquiste storiche: ci sta facendo arretrare, quasi senza che ce ne accorgiamo, in una sorta di nuovo feudalesimo capitalistico. Dovremmo ormai sapere, del resto, che quando il potere perde il consenso ricorre alla violenza e alle restrizioni di libertà. La storia del Novecento dovrebbe pur averci insegnato qualcosa. Ed è quanto sta oggi accadendo, per chi sappia vederlo andando al di là del vitreo teatro delle ideologie e delle grandi narrazioni. Svegliamoci, dunque. Prima che sia troppo tardi. Apriamo gli occhi. Per non lasciarci schiacciare senza prima aver combattuto fino alla fine. La sconfitta è certa quando l’aggredito non risponde all’aggressore. In nome della lotta contro le bufale e i “fake” si preannunciano clamorose restrizioni della libertà di opinione e di espressione per ogni voce non allineata. L’abbiamo capito. Con la scusa che la rete pullula – ed è peraltro vero – di sciocchezze e menzogne, adesso i sacerdoti del pensiero unico pensano di istituire “vedette” di controllo per censurare. Dove ovviamente – anche un neonato può capirlo – sarà facilissimo censurare come bufala e complotto tutto ciò che esula dai parametri del pensiero unico politicamente corretto.
Preso da: http://www.forzadelpopolo.org/come-ci-portano-via-tutto/
Non è difficile capirlo, per chi voglia procedere con la propria testa e senza seguire le correnti del politicamente corretto e del pensiero unico artatamente preordinato. Il Capitale ha bisogno di masse di schiavi ricattabili e senza diritti, disperati e disposti a tutto pur di sopravvivere. Ne ha bisogno per tre ragioni: 1) perché può sfruttarli senza riserve, nel modo più efficace, come materiale umano disponibile; 2) perché può usarli, nella lotta di classe, come strumenti per abbassare il costo della forza lavoro, costringendo il lavoratore italiano e francese a lavorare nelle stesse condizioni del migrante (è la marxiana legge dell’esercito industriale di riserva); 3) perché può far sì che prosperino le lotte tra gli ultimi (autoctoni contro immigrati) e che la lotta resti nel piano orizzontale dei servi in lotta con i servi e mai si verticalizzi nella forma del conflitto tra servo e signore.
Trovo vergognosa l’indifferenza con cui noi assistiamo a una ‘guerra mondiale a pezzetti’ , a una carneficina spaventosa come quella in Siria, a un attacco missilistico da parte di Trump contro la base militare di Hayrat in Siria ,ora allo sgancio della Super- Bomba GBU-43( la madre di tutte le bombe) in Afghanistan e a un’incombente minaccia nucleare.
L’Italia , secondo l’Osservatorio sulle armi , spendere quest’anno 23 miliardi di euro in armi (l’1,18% del Pil) che significa 64 milioni di euro al giorno! Ora Trump, che porterà il bilancio militare USA a 700 miliardi di dollari, sta premendo perché l’Italia arrivi al 2% del Pil che significherebbe 100 milioni di euro al giorno. “Pronti a rivedere le spese militari- ha risposto la ministra della Difesa R. Pinotti- come ce lo chiede l’America .”La Pinotti ha annunciato anche che vuole realizzare il Pentagono italiano a Centocelle (Roma) dove sorgerà una nuova struttura con i vertici di tutte le forze armate.
La nostra ministra della Difesa ha inoltre preparato il Libro Bianco della Difesa in cui si afferma che l’Italia andrà in guerra ovunque i suoi interessi vitali saranno minacciati. E’ un autentico golpe democratico che cancella l’articolo 11 della Costituzione. Dobbiamo appellarci al Parlamento italiano perchè non lo approvi. Il Libro Bianco inoltre definisce l’industria militare italiana ‘pilastro del Sistema paese’ . ” Infatti nel 2015 abbiamo esportato armi pesanti per un valore di oltre sette miliardi di euro! Vendendo armi ai peggiori regimi come l’Arabia Saudita . Questo in barba alla legge 185/90 che vieta la vendita di armi a paesi in guerra o dove i diritti umani sono violati. L’Arabia Saudita è in guerra contro lo Yemen, dove vengono bombardati perfino i civili con orribili tecniche speciali. Secondo l’ONU, nello Yemen è in atto una delle più gravi crisi umanitarie del Pianeta. All’Arabia Saudita abbiamo venduto bombe aeree MK82, MK83, MK84, prodotte dall’azienda RMW Italia con sede legale a Ghedi (Brescia) e fabbrica a Domusnovas in Sardegna. Abbiamo venduto armi anche al Qatar e agli Emirati arabi con cui quei paesi armano i gruppi jihadisti in Iraq, in Libia, ma soprattutto in Siria dov’è in atto una delle guerre più spaventose del Medio Oriente.In sei anni di guerra ci sono stati 500.000 morti e dodici milioni di rifugiati o sfollati su una popolazione di 22 milioni! Come italiani, stiamo assistendo indifferenti alla tragica guerra civile in Libia, da noi causata con la guerra contro Gheddafi. E ora , per fermare il flusso dei migranti, abbiamo avuto la spudoratezza di firmare un Memorandum con il governo libico di El Serraj che non riesce neanche a controllare Tripoli. E così aiutiamo la Libia a frantumarsi ancora di più. E con altrettanta noncuranza assistiamo a guerre in Sud Sudan, Somalia, Sudan, Centrafrica, Mali. Senza parlare di ciò che avviene nel cuore dell’Africa in Congo e Burundi. E siamo in guerra in Afghanistan : una guerra che dura da 15 anni ed è costata agli italiani 6,6 miliardi di euro.
Mentre in Europa stiamo assistendo in silenzio al nuovo schieramento della NATO nei paesi baltici e nei paesi confinanti con la Russia. In Romania, la NATO ha schierato razzi anti-missili e altrettanto ha fatto in Polonia a Redzikovo. Ben cinquemila soldati americani sono stati spostati in quei paesi. Anche il nostro governo ha inviato 140 soldati italiani in Lettonia. Mosca ha risposto schierando a Kalinin- grad Iscander ordigni atomici, i 135-30. Siamo ritornati alla Guerra Fredda con il terrore nucleare incombente. (La lancetta dell’Orologio dell’Apocalisse a New York è stata spostata a due minuti dalla mezzanotte come ai tempi della Guerra Fredda).
Ecco perché all’ONU si sta lavorando per un Trattato sul disarmo nucleare promosso dalle nazioni che non possiedono il nucleare, mentre le 9 nazioni che la possiedono non vi partecipano. E’ incredibile che il governo Gentiloni ritenga che tale Conferenza “costituisca un elemento fortemente divisivo “, per cui l’Italia non vi partecipa. Eppure l’Italia ha sul territorio una settantina di vecchie bombe atomiche che ora verranno rimpiazzate dalle più micidiali B61-12. Quanta ipocrisia da parte del nostro governo!
Davanti a una così grave situazione, non riesco a capire il quasi silenzio del movimento italiano per la pace. Una cosa è chiara: siamo frantumati in tanti rivoli, ognuno occupato a portare avanti le proprie istanze! Quand’è che decideremo di metterci insieme e di scendere unitariamente in piazza per contestare un governo sempre più guerrafondaio? Perché non rimettiamo tutti le bandiere della pace sui nostri balconi?Ma ancora più male mi fa il silenzio della CEI e delle comunità cristiane. Questo nonostante le forti prese di posizione sulla guerra di Papa Francesco. E’ un magistero il suo, di una lucidità e forza straordinaria. Quando verrà recepito dai nostri vescovi, sacerdoti, comunità cristiane? Dopo il suo recente messaggio inviato alla Conferenza ONU, in cui ci dice che “ dobbiamo impegnarci per un mondo senza armi nucleari”, non si potrebbe pensare a una straordinaria Perugia- Assisi, promossa dalle realtà ecclesiali insieme a tutte le altre realtà, per dare forza al tentativo della Nazioni unite di mettere al bando le armi atomiche e dire basta alla ‘follia’ delle guerre e dell’industria delle armi? Sarebbe questo il regalo di Pasqua che Papa Francesco ci chiede: “Fermate i signori della guerra, la violenza distrugge il mondo e a guadagnarci sono solo loro.”
Preso da: https://www.articolo21.org/2017/04/fermiamo-i-signori-della-guerra/
di Alfredo Mantici
Dallo scoppio della rivoluzione che nel febbraio del 2011 ha portato alla sanguinosa caduta del regime del colonnello Muammar Gheddafi, la Libia è entrata in uno stato di instabilità e guerra civile tra milizie divise in varie fazioni e governi più o meno provvisori che hanno tentato, finora senza successo, di assumere il controllo del Paese.
A sei anni dal crollo del regime, tuttavia, la Libia non solo non è riuscita a darsi un governo unitario e a vedere le varie fazioni impegnarsi seriamente nella ricerca di uno sbocco politico alla rivolta, ma è stata infettata da un morbo che continuerà a minarne la salute sociale, politica ed economica negli anni a venire: la corruzione diffusa a tutti i livelli. Oggi il problema della Libia non è più lo Stato Islamico. Il vero problema nazionale è la corruzione istituzionalizzata che vede i politici di tutti i colori, così come le milizie e i nuovi oligarchi (dell’est e dell’ovest) arricchirsi illegalmente in una situazione di disordine istituzionale generalizzato che favorisce ruberie di fondi pubblici e affari illegali di ogni natura.
Secondo il Rapporto 2016 degli esperti sulla Libia delle Nazioni Unite «i gruppi armati e le reti criminali libici hanno diversificato le loro fonti di finanziamento e le loro attività includono non solo i rapimenti, il traffico di migranti, il contrabbando di petrolio e l’appropriazione di fondi di solidarietà provenienti dall’estero, ma anche enormi profitti da sofisticate manovre finanziarie valutarie».
Subito dopo la rivoluzione, nei giorni in cui l’Occidente guardava con inspiegabile ingenuità alle prospettive di nascita di una Libia libera e democratica, ( ” dimenticando” che la Libia democratica era solo quella che hanno distrutto), politicanti, capi delle milizie armate e leader tribali compresero che il collasso istituzionale avrebbe aperto di lì a poco strade insperate all’arricchimento illecito. Persino coloro che combatterono contro la rivoluzione capirono che stava arrivando il momento di “fare cassa”.
In migliaia, i lealisti cambiarono casacca e da strenui difensori del regime si arruolarono nelle milizie ribelli e iniziarono ad arricchirsi. Il sistema di corruzione non riguardava solo i gruppi armati ma anche le istituzioni post-rivoluzionarie sia in Cirenaica – dove detta legge il generale Khalifa Haftar – sia in Tripolitania, dove è al potere il Governo di Accordo Nazionale (GNA) di Fayez Al Serraj sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Secondo Khalid Shekshak, capo dell’Audit Bureau di Tripoli (l’organismo ispettivo governativo) il governo di Serraj «ha toccato il vertice della corruzione quando ha iniziato a pagare stipendi regolari anche ai membri delle milizie armate che controllano e proteggono le installazioni petrolifere e che praticano il contrabbando di petrolio».
Nell’ultimo biennio, i ranghi del corpo diplomatico libico si sono triplicati e si sono riempiti di personaggi che, nella maggioranza, non hanno alcuna esperienza nel settore e non parlano alcuna lingua straniera, ma ricevono ricchi stipendi grazie alla loro fedeltà ai nuovi governanti. I salari nel nuovo servizio diplomatico sono così appetibili che, secondo il Libyan Observer, il ministro della Sanità del governo Serraj ha nominato suo figlio attaché sanitario presso un’ambasciata libica in Europa, dalla quale il giovane può anche controllare il flusso dei fondi di solidarietà stanziati dall’Unione Europea per sostenere gli ospedali libici.
Anche il generale Haftar non sembra essersi fatto sfuggire l’occasione per un rapido arricchimento della sua famiglia. I suoi due figli sono stati elevati al rango di ufficiali superiori del Libyan National Army presso cui hanno il compito di gestire, senza alcuna supervisione, i rifornimenti militari e umanitari. Secondo l’ex portavoce di Haftar, intervistato dal Libyan Observer, i due giovani Haftar hanno aperto consistenti conti in banca in Egitto e negli Emirati.
Inoltre, pratica diffusa nei ministeri è quella degli “impiegati fantasma”. Secondo un’indagine dell’Audit Bureau, attualmente il ministero della Giustizia e quello della Sicurezza Nazionale hanno rispettivamente il 63% e il 51% di impiegati che non esistono, per i quali tuttavia vengono versati mensilmente regolari stipendi.
Anche le banche sono finite nelle mani dei capi delle milizie e dei loro alleati politici. Un “signore della guerra” molto noto a Tripoli, Haitam al Tajuri, secondo un rapporto delle Nazioni Unite ha recentemente preteso dalla Banca Centrale Libica una lettera di credito per una somma di 20 milioni di dollari, pari al cambio ufficiale a 15 milioni di dinari, e l’ha usata per rastrellare al mercato nero ben 80 milioni di dinari.
Ma è il traffico di migranti che rappresenta una delle fonti di maggiore arricchimento delle milizie e dei politici compiacenti. Secondo i dati dell’International Organization for Migration (IOM), organizzazione intergovernativa fondata nel 1951 e alla quale aderiscono 166 stati, nel 2016 dalle coste libiche sono partiti verso l’Europa oltre 363mila migranti. I costi del trasporto clandestino variano da poche migliaia di dollari a testa a oltre 100mila dollari per le famiglie sufficientemente ricche, per le quali la traversata del Mediterraneo avviene su yacht confortevoli o su piccole navi sicure.
Il traffico avviene sotto la supervisione delle milizie che controllano i percorsi dei migranti dall’Africa Sub-sahariana fino alle coste libiche. Secondo la IOM, nel 2016 il traffico di esseri umani ha fruttato ai suoi controllori libici circa 346 milioni di dollari. Secondo fonti stampa internazionali, seppure continuano gli scontri tra le forze del generale Haftar e le milizie fedeli al governo di Al Serraj, stando ai numeri sul tasso di corruzione criminale e istituzionale presente nella Libia attuale, per risanare il Paese devastato da una falsa primavera occorrerà ben di più che una soluzione militare.
Preso da: http://www.lookoutnews.it/libia-corruzione-banche-armi-migranti/
10/12/2015
Ora il Paese, uno dei più ricchi di petrolio in Africa e in Medio Oriente, sta subendo la crisi petrolifera. Nel 2010, secondo la compagnia petrolifera nazionale “National Oil Corporation” (NOC), si estraevano ogni giorno 1 milione e mezzo di barili. Nel 2015, nello stesso periodo solo 500mila. La quantità di petrolio che viene prodotta nei territori controllati dal Daesh e dagli altri gruppi armati non è inclusa nelle statistiche.
Preso da: https://it.sputniknews.com/politica/201512101704506-Daesh-Caos-Terrorismo-Violenza/