Aleppo lì dove la fiction si è frantumata contro la realtà. Intervista a Rudolf El-Kareh (II parte).

Pubblichiamo la seconda ed ultima parte dell’intervista a Rudolf EL-Kareh, sociologo e politologo libanese. La prima è stata pubblicata su queste pagine venerdì 3 febbraio 2017.

Prima Parte

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D. Chi aveva interesse a distruggere la Siria? E perché?
Ci sono state ambizioni politiche e geopolitiche, d’altronde spesso in concorrenza, da parte di Stati dotati di mezzi finanziari. Costoro hanno pensato di poter imporre i loro interessi finanziando gruppi di mercenari con il via libera per distruggere Stati storici o tentare di neutralizzarli, con il fine di accentuare l’oscillazione egemonica verso alcune monarchie del Golfo.
C’è stato, in generale, una convergenza di interessi e di strategie spesso congiunturali, tra alcune potenze internazionali e Stati regionali, attorno alla prospettiva di una distruzione dello Stato siriano o, male che andasse, al suo indebolimento estremo, in conseguenza della sua posizione angolare nell’architettura del Mashrek.

Il presidente turco Erdogan ha pensato dal canto suo che il supposto indebolimento della Siria gli avrebbe permesso di verificare le ambizioni egemoniche sognate da alcuni ideologi  dell’AKP, manipolando le differenti fazioni dei fratelli mussulmani. Il ritorno di Aleppo nel seno dello Stato siriano ha inferto un colpo durissimo a questa ipotesi, come lo evidenziano ad esempio le reazioni delle autorità turche che son oggi nella confusione più totale, anche se questa confusione ha la sua logica.
Un quotidiano vicino ad Erdogan ha pubblicato una cartina della Turchia che integra Aleppo, Kirkouk e Mosul:(http://media.linkonlineworld.com/img/Large/2016/10/19/2016_10_19_11_17_14_689.jpg )

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rimettendo in discussione le frontiere nazionali. Lui stesso invoca la pace ma contesta il trattato di Losanna del 1923che definisce le frontiere della Turchia attuale, con il rischio di un conflitto con la Grecia e con l’UE. Che questo piaccia o no, anche i “progetti storici” sognati dei dirigenti israeliani non sono lontani, e la sollecitudine di questi ultimi verso i gruppi terroristi è pubblica.

D. Quale è il significato politico della ripresa di Aleppo da parte dello Stato siriano?

R. E’ un passaggio basilare, essenziale, anche se restano altri passi da fare, nella ripresa del controllo del territorio nazionale. E’ un dovere costituzionale che spetta a qualsiasi Stato del mondo. Ne va dell’ordine internazionale moderno, frutto delle norme dei trattati di Westphalia in Europa, e che sono notoriamente alle fondamenta delle relazioni internazionali codificate dalla Carta dell’ONU.

Ricordatevi che il caos in questa regione fu annunciato nel 2006 da Condoleeza Rice, allora segretario di Stato USA, che dichiarò perentoriamente che quei trattati erano superati, inaugurando così un nuovo e sanguinante disordine generale. Questo non significa che il controllo ritrovato del territorio nazionale da parte dello Stato siriano si realizzerà sul piano militare. I processi di riconciliazione che continuano, sono uno degli strumenti. Sono complessi, difficili, ma associano sempre la società civile in un quadro di un percorso nella quale le forze vive giocano un ruolo essenziale sotto l’egida dello Stato siriano. Per questo motivo Al Nosra ha assassinato o tentato di farlo coloro i quali conducono le iniziative.

D. Il cessate il fuoco generale, ma nei fatti parziale visto che l’esercito siriano esclude la regione di Damasco, può sfociare in un vero e proprio processo di negoziati di pace, di cui Astana non sarebbe che l’inizio? 

R. Non c’è un cessate il fuoco. Quello che si discuterà durante gli incontri di Astana in Kazahstan è un processo di cessazione delle operazioni di guerra che riguarda i gruppi armati divisi a raggiungere il processo politico eccetto ovviamente DAECH, Al Nosra ed i loro cloni. Questo processo si farà nel quadro delle istituzioni e nel quadro costituzionale dello Stato siriano il che non esclude nulla, tantomeno le loro riforme ma dentro una prospettiva nazionale controllata e pacificata.
Mi dite di Damasco. In realtà si tratta della regione delle vallate di Barada dove si trovano le sorgenti che forniscono l’acqua all’agglomerato della capitale, sei milioni di persone. Le bande di Al Nosra sono state in gran parte sloggiate dopo il tentativo di inquinare le stazioni di pompaggio dove si trovano le sorgenti  e di aver cercato di far fallire i dispositivi della riconciliazione iniziati da gruppi armati locali sotto la pressione della popolazione delle località della vallata.
Ma Astana ha anche un altro obbiettivo: quello di mettere sul terreno un meccanismo operativo per riportare alla ragione le autorità turche  nonostante il loro doppio-giochismo   irresponsabile e permanente e i loro deliri ideologici. Il territorio turco è stata la porta principale della crisi della Siria. Bisogna ri-chiuderla. Ma nessuno ha interesse nell’implosione dello Stato turco. Sarebbe una cataclisma catastrofico. L’incontro permetterà anche di capire in quale modo gli orientamenti della nuova amministrazione americana peseranno nelle evoluzioni sul terreno e nel processo politico.

D. Astana sarebbe quindi solo una prima tappa…
Si, verso il ritorno al rispetto del diritto internazionale e dei principi della Carta che sono le fondamenta dell’ONU. E sopratutto il rispetto dell’integrità territoriale, di sovranità, di indipendenza, di non ingerenza. Principi la cui violazione ha dato origine al formidabile disordine regionale ed internazionale di questi ultimi anni. Questo non impedirà di certo il gioco dei rapporti di forza sul terreno ma questo comporterà la loro regolamentazione  dentro un quadre legale chiaro, cioè quello delle Nazioni Unite. La Carta è chiara. La presenza di forze armate straniere è possibile solo su richiesta delle autorità dello Stato in questione. A volte non è necessario neppure il dibattito. Con il senno di poi comprendiamo ancora meglio le ragioni dell’accanimento iniziale dei provocatori all’origine della crisi di tentare di delegittimare le istituzioni dello Stato siriano e dei suoi dispositivi costituzionali. L’atto di fede di Antonio Guterres che riafferma che la Carta, e solo lei, sarà la bussola di orientamento della sua azione è un straordinaria luce di speranza. La Siria ne sarà il primo territorio simbolo.

24/01/2017

Rudolf El-Kareh

piccola biografia

Sociologo e politologo libanese. Già professore universitario in Libano, Francia e Canada. Co-autore, fra l’altro, di “International Justice and Impunity, the case of the United States”. Membro della “Conferenza di Raboué” che associa l’insieme delle chiese orientali ed i responsabili politici laici.

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