Muammar Gheddafi presenta la soluzione al problema palestinese.

il 22 Ottobre 2007, Muammar Gheddafi parla della soluzione del problema palestinese in un discorso più ampio rivolto agli studenti dell’ università di Cambridge.
…….. Dovete sapere che questa terra e’ estremamente stretta.Vicino a Qalqiliya la distanza tra il fiume Giordano e il Mediterraneo non ci sono altro che 15 Km.Non posson esserci due Stati in quest’area.Non puo’ esserci uno Stato che sia largo solo 15 Km.Se lo stato Palestinese si stabilisse nella West Bank,Tel Aviv e tutte le citta’ litoranee sarebbero dentro la linea di fuoco delle sue mitragliatrici o dell’artiglieria di media misura.Lo spazio aereo sarebbe sotto il suo controllo.Se scoppiasse una guerra ,quello Stato sarebbe spaccato a meta’.E anche,meta’del proposto stato palestinese,la West Bank ,sarebbe completamente separate dalla Striscia di Gaza.Come sarebbe uno stato di cui, una parte e’ situate sul Mediterraneo, mentre l’altra parte e’ nella West Bank del Fiume Giordano?
Aggiungici la presenza di piu’ di un milione di Palestinesi dentro Israele.Essi sono aumentati velocemente.Il loro numero raddoppiera’.In futuro,ci saranno tre o quattro milioni di palestinesi in Israele.Allora,E’ impossibile chiedere di essere uno stato puramente Ebreo.Voi sapete che il numero dei palestinesi cresce piu’velocemente di quello degli Israeliani.Nello stato che loro chiamano Israele,ci sono un milione di Palestinesi che vive in pace e armonia con I loro vicini.Questo e’ un esempio dello singolo stato che deve costituire la soluzione di quell problema.ci deve essere un singolo stato in Palestina.Il nome non e’ importante .Potrebbe chiamarsi Isratina o Palestina.Qualunque il nome possa essere,cid eve essere un singolo stato per Israeliani e Palestinesi.Adesso c’e’ un esempio per tutti da vedere.Ci sono un milione di Palestinesi che hanno la cittadinanza israeliana e vivono con gli Israeliani senza problemi.La violenza non viene da loro ma da quelli che vivono fuori da Israele.Mettete semplicemente,quel pezzo di terra tra il Fiume e il Mare e’ pure limitato,stretto per due stati.La soluzione sta nella costituzione di un singolo stato democratico.Tutti noi nel mondo dobbiamo fare pressione sul partito che si aggrappa al razzismo religioso,razziale e linguistico.Queste sono nozioni antiquate che svaniranno a poco a poco col tempo.Queste nozioni non devono mai ostacolare gli effettivi di pace tra gli Israeliani e I Palestinesi.Essi possono coesistere.
Avete potuto essere consapevoli che Arabi e Ebrei hanno sempre convissuto.Quando gli Arabi sono stati espulsi dall’Andalusia,anche gli Ebrei sono stati espulsi.I Paesi Arabi hanno dato rifugio e protezione agli Ebrei.Parimenti quando I Romani distrussero Gerusalemme intorno all’anno 72,gli ebrei hanno cercato rifugio nella Penisola araba.Voglio dire che gli arabi hanno protetto gli ebrei per tutta la storia dalla persecuzione romana alla persecuzione gotica in Andalusia.I due gruppi sono cugini.Il profeta Abramo aveva due figli:Ismaele,antenato degli arabi e, Isacco,antenato degli ebrei.Giacobbe,anche conosciuto come Israele,era il figlio di Isacco.Lo stato e’ stato chiamato dopo di lui.Percio’,loro sono cugini e vicini l’uno con l’altro.Sono State altre potenze a creare animosita’ tra loro per trattare I loro interessi.Devono ancora una volta vivere insieme in uno stato.Ho pubblicato il mio Libro Bianco che chiede la costituzione di Isratina,uno stato con meta’ nome di Israele e meta’ nome della Palestina.Spero che voi abbiate la versione in inglese di questo .Il Libro chiede la costituzione di uno stato singolo e democratico.Le elezioni iniziali sarebbero supervisionatedalle Nazioni Unite.Dopo,I suoi cittadini coesisteranno.Non e’ importante se il presidente sia un ebreo o un palestinese musulmano o cristiano.Lasciate che ci sia la volonta’ e la scelta del popolo.Oggi ci sono partiti arabi in Israele.C’e’ un membro arabo nel Knesset.C’e’ un esempio da seguire.Sulla Riva Ovest ,Palestinesi e Israeliani sono parte di una singola struttura.Lo stesso vale per Gaza.Demograficamente,sono integrati.Le fabbriche israeline dipendono dalla manodopera palestinese dalla Riva Ovest a Gaza.C’e’ uno scambio di beni e servizi tra di loro.Sono completamente interdipendenti.Ci sono molte cose,come la cultura,che avvicinano Israeliani e Palestinesi gli uni agli altri.Io richiedo la costituzione di un singolo stato per far terminare questo conflitto.Tuttavia,certe condizioni devono essere affrontate.
Primo,I rifugiati espulsi nel 1948 devono ritornare alle loro case.E’ un loro diritto.Devono avere il permesso di ritornare in pace alle loro case,fattorie e villaggi.
Secondo,questo nuovo stato deve essere privo di armi di distruzione di massa.Nessuno stato nella regione deve possedere ADM(armi di distruzione di massa).Se fossero governati da Arafat o Abbas,dovrebbero essere privi di armi di distruzione di massa.Questo e’ cio’ che volevo dire sulla questione della Palestina.Vi invito a leggere il mio Libro Bianco intitolato Isratina.Avete chiesto la mia opinione sulla riforma delle Nazioni Unite.Abbiamo tutti sentito per anni di un forte desiderio di riforma delle Nazioni Unite.Comunque,tutto cio’ che e’stato rivolto in quell periodo e’ stato l’aumento nel permanente o non permanente numero di soci del Consiglio di Sicurezza.Questo sbaglia il punto,che deve essere nell’insieme la riforma delle Nazioni Unite.Le UN non sono solo il Consiglio di Sicurezza.Sono l’Assemblea Generale,la Corte Internazionale di Giustizia ,L’ECOSOC,il Consiglio d’Amministrazione fiduciaria,l’UNESCO,l’UNICEF,la FAO e tutte le altre componenti del Sistema delle Nazioni Unite.L’attuale stato degli affari non e’ democratico,illegale, e illegittimo.Il mondo deve cambiarlo.L’attuale stato e’ dittatoriale e non si presta per la causa di pace.Al contrario,e’ uno stato di terrore che minaccia la pace.
http://algaddafi.org/…/muammar-al-gheddafi-parla-italiano–…

Degenerazione e fondamentalismo nel controllo dei media occidentali

Non c’è nulla di più triste e patetico di un famigerato bugiardo che urla, sputa saliva, insulta le persone normali a destra e sinistra, mentre terrorizza coloro che stanno dicendo la verità.
Ultimamente, l’Occidente è diventato chiaramente furioso. Più ha paura di perdere il controllo sul cervello di miliardi di persone in tutti gli angoli del mondo, più aggressivamente urla, prende a calci e si prende gioco di se stesso.
Il Nuovo Ordine Mondiale non nasconde nemmeno più le sue intenzioni. Le intenzioni sono chiare: distruggere tutti i suoi avversari, siano essi in Russia, Cina, Iran o in qualsiasi altro stato patriottico e indipendente. Silenziare tutti i media che stanno dicendo la verità; non è la verità così come è definita a Londra, Washington, Parigi o Berlino, ma la verità è percepita a Mosca, Pechino, Caracas o Teheran; la verità che serve semplicemente la gente, non la falsa, pseudo-verità inventata per sostenere la supremazia dell’Impero occidentale.

Sono stati ora stanziati enormi fondi per l’assalto mortale della propaganda, originatosi prevalentemente a Londra e Washington. Milioni di sterline e dollari sono stati assegnati e spesi, ufficialmente e apertamente, per “contrastare” le voci di russi, cinesi, arabi, iraniani e latinoamericani; voci che stanno finalmente raggiungendo gli “Altri” – gli abitanti desolati del “sud globale”, gli abitanti delle colonie e delle neo-colonie; gli schiavi moderni che vivono negli stati “client”.
La maschera sta cadendo e la faccia cancrena della propaganda occidentale viene esposta nella sua realtà. È terribile, spaventosa, ma almeno è quello che è, perché tutti possano vederla. Niente più suspense, niente sorprese. All’improvviso è tutto allo scoperto. È spaventoso ma onesto. Questo è il nostro mondo Questo è quanto è diminuita la nostra umanità. Questo è il cosiddetto ordine mondiale, o più precisamente neocolonialismo.
L’Occidente degli imperialisti anglo-USA sa come massacrare milioni e sa come manipolare le masse. La sua propaganda è sempre stata dura (e ripetuta mille volte, non diversamente dalle pubblicità aziendali o dalle campagne di indottrinamento fascista della Seconda Guerra Mondiale) quando è originaria degli Stati Uniti, o brillantemente machiavellica e letalmente efficace quando viene dal Regno Unito. Non dimentichiamolo mai: il Regno Unito ha assassinato e ridotto in schiavitù centinaia di milioni di esseri umani innocenti e molto più avanzati, per molti lunghi secoli e in tutto il mondo. A causa del suo talento nel lavaggio del cervello e nella manipolazione delle masse, la Gran Bretagna ha fatto innumerevoli genocidi,
Il regime occidentale sa mentire, spudoratamente ma professionalmente, e soprattutto, perpetuamente. Ci sono migliaia di menzogne ​​accatastate l’una sull’altra, con perfetti accenti “educati” di classe superiore: bugie su Salisbury, sul comunismo, la Russia, la Cina, l’Iran, il Venezuela, Cuba, la Corea del Nord, la Siria, la Jugoslavia, il Ruanda, Sud Africa, Libia, rifugiati. Ci sono bugie sul passato, sul presente e persino sul futuro.
Nessuno ride, vedendo questi teppisti imperialisti come il Regno Unito e la Francia che predicano, in tutto il mondo e con la faccia seria, sia sulla libertà che sui diritti umani. Non ridere, ancora. Ma molti si stanno lentamente indignando.
Le persone in Medio Oriente, Africa, Asia e America Latina cominciano a rendersi conto di essere state ingannate, ingannate, mentite; che la cosiddetta ‘educazione’ e ‘informazione’ proveniente dall’Occidente non erano altro che spudorate campagne di indottrinamento. Per anni ho lavorato in tutti i continenti, compilando storie e testimonianze sui crimini dell’imperialismo e sul risveglio del mondo, “riassunti” nel mio libro di 840 pagine: ” Exposing Lies Of The Empire “.
Milioni di persone che ora possono vedere, per la prima volta, che i media, come BBC, DW, CNN, Voice of America, Radio Free Europe / Radio Liberty, li hanno codificati senza pietà e per anni e anni. Reuters, AP, AFP e diverse altre agenzie di stampa occidentali (Repubblica, La Stampa, RAI, Sky News, ecc..) sono riuscite a creare una narrativa in uniforme per l’intero pianeta, con giornali locali in tutto il mondo che pubblicano ora manipolazioni identiche che provengono da Washington, Londra, Parigi e altre capitali occidentali. Immagini totalmente false su argomenti così importanti come l’Unione Sovietica, il Comunismo, la Cina, ma anche la libertà e la democrazia sono state incise in miliardi di cervelli umani.
La ragione principale dell’apertura degli occhi di persone del mondo che è ancora oppressa dall’imperialismo occidentale, è il lavoro inarrestabile dei media come il New Eastern Outlook (NEO), RT e Sputnik, con sede in Russia, come Cina- ha sede la CGTN, China Radio International e China Daily, TeleSur con sede in Venezuela, Libanese Al-Mayadeen e Iranian Press TV. Certo, ci sono molti altri mezzi di comunicazione anti-imperialisti orgogliosi e determinati in varie parti del mondo, ma quelli sopra citati sono i veicoli più importanti della contro-propaganda proveniente dai paesi che hanno combattuto per la loro libertà e semplicemente hanno rifiutato essere conquistato, colonizzato,
Una potente coalizione anti-imperialista di stati veramente indipendenti si è formata e si è solidificata. Ora sta ispirando miliardi di esseri umani oppressi ovunque sulla Terra, dando loro speranza, promettendo un futuro migliore, ottimista e giusto. Essere all’avanguardia di molti cambiamenti positivi e aspettative è il “nuovo media”.
E l’Occidente sta guardando, inorridito, disperato e sempre più al vetriolo. È disposto a distruggere, uccidere e schiacciare, solo per fermare questa ondata di “ottimismo pericoloso” e lottare per una vera indipendenza e libertà.

Asse della resistenza

Ora ci sono attacchi costanti contro i nuovi media del mondo libero. In Occidente, la RT è minacciata di espulsione, di nuovi e sempre più popolari New Eastern Outlook (NEO), giunta di recente sotto un malvagio attacco informatico da, probabilmente, hacker occidentali professionisti. TeleSur viene periodicamente paralizzato da sanzioni vergognosamente scatenate contro il Venezuela, e lo stesso banditismo si rivolge alla TV della stampa iraniana.
Vedete, l’Occidente può essere responsabile di miliardi di vite in rovina in tutto il mondo, ma non è ancora in grado di affrontare sanzioni, azioni punitive. Mentre paesi come Russia, Iran, Cina, Cuba, Corea del Nord o Venezuela devono “affrontare le conseguenze” principalmente sotto forma di embargo, sanzioni, propaganda, intimidazione diretta, persino bullismo militare, semplicemente per aver rifiutato di accettare la folle dittatura globale occidentale, e per aver scelto la propria forma del governo e del sistema politico oltre che economico.
L’Occidente semplicemente non sembra in grado di tollerare il dissenso. Richiede obbedienza piena e incondizionata al “Pensiero Unico”, ai suoi dogmi, una sottomissione assoluta. Agisce sia come fondamentalista religioso che come teppista globale. E per peggiorare le cose, i suoi cittadini sembrano essere così programmati o così indifferenti o entrambi, che non sono in grado di comprendere ciò che i loro paesi e la loro “cultura” stanno facendo al resto del mondo.
Quando sono intervistato, mi viene spesso chiesto: “il mondo sta affrontando il vero maggiore pericolo dalla Seconda Guerra Mondiale?”
Rispondo sempre “sì”. È perché sembra che sia il Nord America che l’Europa non siano in grado di smettere di costringere il mondo all’obbedienza e alla schiavitù virtuale. Sembrano non voler accettare alcun accordo razionale e democratico sul nostro Pianeta. Sacrificerebbero uno, decine o centinaia di milioni di esseri umani, solo per mantenere il controllo dell’universo? Sicuramente lo farebbero! Hanno già, in diverse occasioni, senza pensarci due volte, senza rimpianti e senza pietà.
La scommessa dei fondamentalisti occidentali, dell’ideologia neoliberista dominante è quella per cui il resto del mondo è molto più decente e molto meno brutale, che non potrebbe sopportare un’altra guerra, un’altra carneficina, un altro bagno di sangue; che piuttosto si arrende, piuttosto rinuncia a tutti i suoi sogni per un futuro migliore, invece di combattere e difendersi da ciò che appare sempre più come un inevitabile attacco militare occidentale.
Tali calcoli e “speranze” dei fanatici occidentali sono falsi. I paesi che ora vengono affrontati e intimiditi sono ben consapevoli di cosa aspettarsi se si arrendono e si arrendono alla pazzia occidentale e ai modelli imperialisti.
La gente sa, si ricorda cosa vuol dire essere schiavi.
La Russia sotto Yeltsin, crollata, saccheggiata dalle multinazionali occidentali, sputata in faccia dai governi europeo e nordamericano; la sua aspettativa di vita era scesa ai livelli dell’Africa sub-sahariana.
La Cina a sua volta sopravvisse a un’agonia inimmaginabile di “periodo di umiliazione”, saccheggiata, saccheggiata e divisa da invasori francesi, britannici e statunitensi.
L’Iran derubato del suo governo legittimo e socialista, dovendo vivere per anni sotto un maniaco sadico, il burattino occidentale, lo scià.
L’intera America “latina“, con le sue venature aperte, con la cultura in rovina, con la religione occidentale costretta a chiudergli la gola; con letteralmente tutti i governi e leader socialisti e comunisti democraticamente eletti o rovesciati, o direttamente assassinati, o quantomeno manipolati dal potere da Washington e dai suoi lacchè.
La Corea del Nord, sopravvissuta a un genocidio bestiale contro i suoi civili, commessa dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella cosiddetta guerra coreana.
Vietnam e Laos, violentati e umiliati dai francesi, e poi bombardati nelle epoche della pietra dagli Stati Uniti e dai loro alleati.
Sud Africa … Timor Est … Cambogia …
Ci sono carceri viventi, relitti di decomposizione, abbandonati dopo gli attacchi mortali occidentali “liberatori”: Libia e Iraq, Afghanistan e Honduras, Indonesia e Repubblica Democratica del Congo, solo per citarne alcuni. Questi servono come avvertimenti per coloro che hanno ancora delle illusioni sulla “buona volontà” occidentale e sullo spirito di giustizia!
Siria … Oh, Siria! Guarda cosa ha fatto l’Occidente in un paese orgoglioso e bello che si è rifiutato di cadere in ginocchio e leccare i piedi di Washington e di Londra. Ma anche, guarda quanto è forte, quanto determinati possono essere coloro che amano veramente il loro paese. Contro ogni previsione, la Siria si è levata in piedi, ha combattuto i terroristi assoldati dall’estero, assieme con gli stranieri e ha vinto, circondato e sostenuto dalla grande coalizione internazionalista! L’Occidente aveva pensato di poter scatenare un altro scenario libico, ma invece ha incontrato un pugno di ferro, i nervi d’acciaio, un’altra Stalingrado. l’imperialissmo occidentale è stato identificato, affrontato e fermato. Ad un costo enorme, ma fermato!
L’intero Medio Oriente sta guardando.
Il mondo intero sta guardando.
Le persone ora vedono e ricordano. Stanno cominciando a ricordare chiaramente cosa è successo a loro. Stanno iniziando a capire. Sono incoraggiati. Comprendono chiaramente che la schiavitù non è l’unico modo di vivere le loro vite.
La coalizione anti-occidentale o più precisamente l’Asse della Resistenza anti-imperialista ed antisionista è ora solido come l’acciaio. Perché è una grande coalizione di vittime, di persone che sanno cos’è lo stupro e cos’è il saccheggio, e quale distruzione completa è. Sanno esattamente cosa viene amministrato dai sostenitori autoproclamati della libertà e della democrazia – dal fondamentalismo culturale ed economico occidentale.
Questa coalizione di nazioni indipendenti e orgogliose è qui per proteggersi, proteggersi a vicenda, così come il resto del mondo.

Manifestazione contro l’imperialismo e per la sovranità dei popoli

Non arrendersi mai, mai tornare indietro. Perché le persone hanno parlato e stanno inviando messaggi chiari ai loro leader: “Mai più! Non capitolare. Non cedere alle intimidazioni occidentali. Combatteremo se attaccati. E noi resteremo, orgogliosamente, con le nostre gambe, qualunque cosa, non importa quale forza brutale dobbiamo affrontare. Mai in ginocchio, fratelli! Non cadremo mai più in ginocchio di fronte a coloro che diffondono il terrore! ”
E i media in questi meravigliosi paesi che resistono all’imperialismo e al terrore occidentali diffondono innumerevoli messaggi ottimistici e coraggiosi.
E l’establishment occidentale imperialista sta osservando, agitandosi e sporcandosi i pantaloni.
Loro, gli imperialisti, sanno che la fine del loro brutale dominio sul mondo si sta avvicinando. Sanno che quei giorni di impunità stanno finendo. Sanno che il mondo giudicherà presto gli anglo-USA ed i loro lacchè , per i secoli di crimini che ha commesso contro l’umanità.
Sanno che la guerra dei media sarà vinta da “noi”, non da “loro”.
Il campo di battaglia è in via di definizione. Con alcune brillanti eccezioni, gli occidentali e i loro media stanno chiudendo le fila, attenendosi ai loro padroni. Come molti altri scrittori, ero stato senza tante cerimonie cacciato da Counterpunch, una delle pubblicazioni sempre più anticomuniste, anti-russi, anti-siriane e anti-cinesi degli Stati Uniti. Dal loro punto di vista, stavo scrivendo per diverse pubblicazioni “sbagliate”. Sono davvero orgoglioso che abbiano smesso di pubblicarmi. Sto bene dove sono: di fronte a loro, mentre sto affrontando altri mezzi di comunicazione di massa in Occidente.
L’estensione del controllo ideologico occidentale del mondo è degenerata, veramente perversa. I suoi media e gli sbocchi “educativi” sono pienamente al servizio del regime.
Ma il mondo si sta svegliando e si confronta con questo fondamentalismo culturale e politico mortale.
È in corso una grande battaglia ideologica. Questi sono tempi eccitanti e luminosi. Niente potrebbe essere peggio della schiavitù. Le catene si stanno rompendo. D’ora in poi, non ci sarà impunità per coloro che hanno torturato il mondo per secoli.
Le loro bugie, così come le loro armature, saranno affrontate e fermate!
*Andre Vltchek è filosofo, romanziere, regista e giornalista investigativo. È un creatore di Vltchek’s World in Word and Images , uno scrittore del romanzo rivoluzionario Aurora e diversi altri libri . Scrive in particolare per la rivista online “New Eastern Outlook”.
Traduzione: Luciano Lago
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via Controinformazione

Chiesa e potere: “Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio quindi chi si oppone all’autorità si oppone a l’ordine stabilito da Dio“.



Nella Lettera ai Romani di Paolo rinveniamo il nucleo originario della teologia politica cristiana, sia nel caso della concezione dell’autorità e dell’obbedienza sia per il nesso tra autorità e trascendenza.
Precisamente al capitolo 13 nei versi dall’ 1 al 7 che esordiscono con “Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio quindi chi si oppone all’autorità si oppone a l’ordine stabilito da Dio“.
I padri della Chiesa presero in considerazione notevolmente quanto indicato nel capitolo 13 predicando la totale sottomissione all’autorità estrapolando dal suo contesto “Omnis potestas a Deo” una formula che diventerà vero e proprio Leitmotiv della cooperazione fra Chiesa e Stato nei secoli successivi.
Inoltre nella concezione Paolina si evince il ruolo ambivalente assunto dal potere politico: da un lato infatti è necessario per ostacolare il male, dall’altro l’autore è contemporaneamente consapevole che il tempo della politica non può mai essere quello della sede della salvezza. Il potere dunque assume il ruolo quasi del katechon, di frenare il caos.

Bisogna tenere in considerazione, come fatto da diversi esegeti, un dato importante: nel Nuovo Testamento il termine utilizzato per indicare autorità è “Exousiai“, che designa potenze di carattere astratto e spirituale. Sempre negli scritti attribuiti all’apostolo dei Gentili infatti ai cristiani viene intimato di combattere tali potenze.
Poiché si usa lo stesso termine per le autorità terrene deve appunto esserci una relazione in base alla quale queste ultime hanno in realtà il loro fondamento proprio in un rapporto con potenze spirituali demoniache .Ciò implica che il potere politico non è mai l’ultima istanza ma è sempre relativo: se è vero che ogni potere viene da Dio è altresì vero, come delineato da Paolo in altri passi, che ogni potere è vinto in Cristo.
Compiendo qualche passo indietro possiamo constatare gli effetti che ebbe sul popolo scelto da Dio, quello ebraico, la decisione di adottare una forma di governo distaccata dalla presenza di Dio stesso, così come la si può constatare nel libro dei Giudici, all’interno di un sistema in cui Dio sceglieva direttamente una guida militare-spirituale per il popolo.
Nel libro di Samuele comincia il periodo monarchico di Israele che a causa delle tante dispute e conflitti interni decide di darsi un re come le altre nazioni. Secondo il racconto veterotestamentario quando Samuele si lamenta della richiesta del Popolo a Dio Egli risponde: “Ascolta la voce del Popolo per quanto ti ha detto perché costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me perché io non regni più su di essi“.
Esemplare è il passo dei Vangeli in cui Satana indica e promette a Gesù tutti i regni del mondo e la loro gloria come se appartenessero al diavolo stesso, che infatti è anche definito come principe del mondo. Leggiamo in Luca cap. 4 versetti 6-7 “ti darò tutta questa potenza e la gloria di tutti questi regni perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio; se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo“.
La stessa analisi la si può compiere osservando la storia del cristianesimo delle origini, osteggiato e perseguitato dal potere politico fino alla sua completa istituzionalizzazione, che si potrebbe far risalire al quarto secolo dopo Cristo dall’editto di Milano e Concilio di Nicea primo indetto da Costantino.
In realtà si tratta di un processo di 300 anni portato avanti dai primi padri della Chiesa e favorito dalla compenetrazione della cultura ellenistica che si era insinuata nelle prime grandi Chiese cristiane d’Oriente e Occidente. L’accentramento della dottrina Cristiana ai fini della sua difesa contro le prime eresie (gnosticismo montanismo ecc..) portò alla convocazione dei sinodi, ovvero le riunioni regionali di vescovi, i quali cominciarono ad assumere  un ruolo preminente che porterà l’organizzazione interna delle chiese ad un processo di gerarchizzazione.
L’estendersi dell’influenza del Vescovo di Roma che cominciò ad apparire come un patriarca dell’Occidente fu tale grazie all’importanza politica economica della capitale dell’Impero. I vescovi di Roma cominciarono a stilare un elenco dei successori risalenti fino a Pietro e Paolo trasformandoli arbitrariamente nei fondatori della propria Chiesa Cattolica Apostolica Romana e vantandosi quindi di essere i diretti successori degli apostoli e dei loro insegnamenti, compreso il principio di sottomissione all’autorità messo in discussione soprattutto da pensatori appartenenti alla corrente dell’Anarco-Cristianesimo tra i quali possono essere annoverati Tolstoj, Berdjaev e Ellul.
Un rapporto dunque, quello tra dottrina cristiana, istituzioni della Chiesa e potere terreno, sempre molto misterioso e oggetto di discussione.
(di Emilio Bangalterra) – Oltre la Linea

Preso da: http://www.ninconanco.info/chiesa-e-potere-ciascuno-stia-sottomesso-alle-autorita-costituite-poiche-non-ce-autorita-se-non-da-dio-e-quelle-che-esistono-sono-stabilite-da-dio-quindi-chi-si-oppone-all/

Guaidó o come si costruisce un impostore

Nessuna descrizione della foto disponibile. di Dan Cohen y Max Blumenthal – The Grayzone
Prima del fatidico 22 gennaio, meno di un venezuelano su cinque aveva sentito parlare di Juan Guaidó. Solo pochi mesi fa, il 35enne era un personaggio oscuro di un gruppo politicamente marginale di estrema destra, strettamente associato a terribili atti di violenza di strada. Anche nel suo stesso partito, Guaidó era stato una figura di medio livello nell’Assemblea Nazionale dominata dall’opposizione, ora “in stato di insubordinazione” secondo la Costituzione Venezuelana.
Sufficiente una telefonata dal Vice Presidente degli Stati Uniti Mike Pence e Guaidó si è autoproclamato Presidente del Venezuela. Consacrato come leader del suo paese da Washington, uno che vive ai piani inferiori della politica, praticamente sconosciuto, si è imposto sulla ribalta internazionale come il leader scelto dagli Stati Uniti per la nazione con le più grandi riserve petrolifere del mondo.
Facendo eco al consenso di Washington, il comitato editoriale del New York Times ha definito Guaidó un “rivale credibile” per Maduro; con uno “stile nuovo e una visione per far avanzare il Paese”. Il comitato editoriale di Bloomberg News lo ha applaudito per essersi impegnato per il “ripristino della democrazia” e il Wall Street Journal lo ha definito “un nuovo leader democratico”.
Nel frattempo, il Canada, numerose nazioni europee, Israele e il blocco di destra dei governi latinoamericani conosciuti come “Gruppo Lima” hanno riconosciuto Guaidó come il ‘legittimo presidente del Venezuela’.

Per quanto Guaidó sembri essersi materializzato dal nulla, è stato, in realtà, il prodotto di più di un decennio di preparazione assidua da parte delle fabbriche di cambio di regime delle élite del governo degli Stati Uniti. Insieme ad un gruppo di studenti attivisti di destra, Guaidó è stato allevato per indebolire il governo di orientamento socialista del Venezuela, destabilizzare il paese e un giorno prendere il potere. Anche se è stata una figura minore nella politica venezuelana, aveva passato anni a dimostrare con discrezione il suo valore nei corridoi del potere a Washington.
“Juan Guaidó è una figura creata per questa particolare circostanza”, ha detto a The Grayzone Marco Teruggi, sociologo argentino e cronista della politica venezuelana. “È la logica da laboratorio: Guaidó è come una miscela di vari elementi che creano un personaggio che, in tutta onestà, oscilla tra l’ilarità e l’afflizione”.
Diego Sequera, giornalista e scrittore venezuelano per l’agenzia investigativa Missione Verità, è concorde con Teruggi: “Guaidó è più popolare fuori dal Venezuela che dentro, specialmente nell’elite Ivy League e nei circoli di Washington”, ha dichiarato Sequera a The Grayzone: “È un personaggio ben noto lì. È ovviamente di destra ed è considerato fedele al programma.
Mentre Guaidó si vende oggi come volto della restaurazione democratica, ha trascorso la sua carriera nella fazione più violenta del partito di opposizione più estremista del Venezuela, posizionandosi in prima linea in una campagna di destabilizzazione dopo l’altra. Il suo partito è stato ampiamente screditato in Venezuela ed è in parte responsabile della frammentazione di un’opposizione molto indebolita.
“Questi leader radicali non hanno più del 20% di consenso nei sondaggi d’opinione”, ha scritto Luis Vicente León, il miglior sondaggio del Venezuela. Secondo León, il partito di Guaidó rimane isolato perché la maggioranza della popolazione non vuole la guerra. “Quello che vuole è una soluzione”.
Ma è proprio per questo che Guaidó è stato scelto da Washington: non per guidare il Venezuela verso la democrazia, piuttosto per distruggere un paese che negli ultimi due decenni è stato un baluardo di resistenza all’egemonia statunitense. La sua improbabile ascesa segna il culmine di un progetto ventennale per demolire un solido esperimento socialista.
Puntando alla “troika della tirannia”.
Dall’elezione di Hugo Chávez nel 1998, gli Stati Uniti hanno lottato per ristabilire il controllo sul Venezuela e sulle sue vaste riserve di petrolio. I programmi socialisti di Chávez possono aver ridistribuito la ricchezza del paese e contribuito a far uscire milioni di persone dalla povertà, ma lo hanno anche fatto diventare un bersaglio.
Nel 2002, l’opposizione di destra del Venezuela è riuscita per poco tempo a rovesciare Chávez con il sostegno e il riconoscimento degli Stati Uniti, prima che l’esercito ripristinasse la sua presidenza dopo una massiccia mobilitazione popolare. Durante le amministrazioni dei presidenti statunitensi George W. Bush e Barack Obama, Chávez è sopravvissuto a numerosi complotti orditi per assassinarlo prima di soccombere al cancro nel 2013. Il suo successore, Nicolás Maduro, è sopravvissuto a tre attentati contro la sua vita. Il governo di Trump ha immediatamente posto il Venezuela in cima alla lista di Washington degli obiettivi di cambiamento di regime, definendolo capofila di una “troika della tirannia”.
L’anno scorso, la squadra di sicurezza nazionale di Trump ha cercato di reclutare membri dell’esercito per formare una giunta militare, ma questo progetto fallì. Secondo il governo venezuelano, gli Stati Uniti hanno anche partecipato a un complotto, denominato in codice “Operazione Costituzione”, per catturare Maduro nel palazzo presidenziale di Miraflores; e un altro, chiamato “Operazione Armageddon”, per assassinarlo durante una parata militare nel luglio 2017. Poco più di un anno dopo, durante un’altra parata militare a Caracas, i leader dell’opposizione in esilio tentarono di uccidere Maduro con bombe inserite in alcuni droni.
Più di un decennio prima di questi intrighi, un gruppo di studenti di destra sono stati scelti con cura e addestrati da una scuola di formazione per il cambiamento di regime finanziata dagli Stati Uniti per rovesciare il governo venezuelano e ripristinare l’ordine neo-liberale.
Formazione del gruppo “export-a-revolution” che ha gettato i semi della ” Rivoluzione colorata”.
Il 5 ottobre 2005, con Chávez all’apice della popolarità e il suo governo che pianificava programmi socialisti, cinque “leaders studenteschi” venezuelani sbarcarono a Belgrado, in Serbia, per iniziare a formarsi per un’insurrezione.
Gli studenti provenivano dal Venezuela per gentile concessione del Center for Applied Non-Violent Action and Strategies, o CANVAS. Questo gruppo è finanziato in gran parte attraverso il National Endowment for Democracy, una creazione della CIA, che funge da braccio principale del governo degli Stati Uniti per promuovere il cambiamento di regime; e consociate quali l’International Republican Institute e il National Democratic Institute for International Affairs. Secondo le mail interne trapelate da Stratfor, una società di intelligence conosciuta come “la CIA nell’Ombra”, CANVAS “potrebbe anche aver ricevuto finanziamenti e formazione dalla CIA durante la lotta contro i Milosevic nel 1999/2000”.
CANVAS è uno spin-off di Otpor, un gruppo serbo fondato da Srdja Popovic nel 1998 all’Università di Belgrado. Otpor, che significa “resistenza” in serbo, è stato il gruppo di studenti che ha guadagnato fama internazionale, e la promozione di Hollywood, mobilitando le proteste che alla fine hanno rovesciato Slobodan Milosevic.
Questa piccola cellula di specialisti di cambio di regime operava secondo le teorie del defunto Gene Sharp, il cosiddetto “Clausewitz della lotta non violenta”. Sharp aveva collaborato con un ex analista della Defense Intelligence Agency (DIA), il colonnello Robert Helvey, per concepire un piano strategico che organizzò la contestazione come una forma di guerra ibrida, mirando agli stati che resistevano al dominio di Washington.
Otpor ha ricevuto il sostegno del National Endowment for Democracy, USAID e dell’Albert Einstein Institute di Sharp. Sinisa Sikman, uno dei principali istruttori di Otpor, una volta ha detto che il gruppo ha persino ricevuto finanziamenti diretti dalla CIA.
Secondo una mail divulgata da un membro dello staff di Stratfor, dopo aver rimosso Milosevic dal potere, “i ragazzini che gestiscono OTPOR sono cresciuti, si sono formati e hanno progettato CANVAS… o, in altre parole, un gruppo per “esportare una rivoluzione” che ha piantato semi per un numero indeterminato di “rivoluzioni colorate”, che sono ancora legate ai finanziamenti americani. E fondamentalmente viaggiano per il mondo cercando di rovesciare “dittatori e governi autocratici” (quelli che agli Stati Uniti non piacciono).
Stratfor ha rivelato che CANVAS “ha rivolto la sua attenzione al Venezuela” nel 2005, dopo aver addestrato movimenti di opposizione che hanno condotto operazioni di cambio di regime pro-NATO nell’Europa dell’Est.
Monitorando il programma di formazione CANVAS, Stratfor ha descritto il suo programma insurrezionale con un linguaggio sorprendentemente schietto: “Il successo non è garantito, e i movimenti studenteschi sono solo l’inizio di quello che potrebbe essere uno sforzo di un anno per scatenare una rivoluzione in Venezuela, ma i formatori stessi sono le persone che si fanno beffe del “Macellaio dei Balcani”. Hanno abilità pazzesche. Quando vedi gli studenti di cinque università venezuelane che fanno dimostrazioni simultanee, saprai che la formazione è finita e che il vero lavoro è iniziato.
Nascita del contesto per il cambio di regime della cosiddetta “Generazione 2007”.
Il “vero lavoro” è iniziato due anni dopo, nel 2007, quando Guaidó si è laureato all’Università Cattolica Andrés Bello di Caracas. Si è trasferito a Washington D.C. per iscriversi al Programma di Governance e Gestione Politica della George Washington University, sotto la guida dell’economista venezuelano Luis Enrique Berrizbeitia, uno dei principali economisti neoliberali dell’America Latina.
Berrizbeitia è un ex direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e ha trascorso più di un decennio lavorando nel settore energetico venezuelano sotto l’ex regime oligarchico eliminato da Chávez.
Quell’anno, Guaidó partecipò a manifestazioni antigovernative dopo che il governo venezuelano rifiutò di rinnovare la licenza di Radio Caracas Television (RCTV). Questa stazione privata ha svolto un ruolo importante nel colpo di stato del 2002 contro Hugo Chávez. RCTV ha contribuito a mobilitare i manifestanti antigovernativi, ha falsificato le informazioni che accusavano i simpatizzanti del governo di atti di violenza commessi da membri dell’opposizione e ha vietato i servizi di informazione pro-governativi nel bel mezzo del colpo di stato. Il ruolo di RCTV e di altre stazioni di proprietà di oligarchi nella conduzione del fallito tentativo di colpo di stato è stato descritto nell’acclamato documentario “The Revolution Will Not Televised”.
Nello stesso anno, gli studenti hanno rivendicato il merito di aver ostacolato il referendum costituzionale di Chávez a favore del “socialismo del XXI secolo” che prometteva di “stabilire il quadro giuridico per la riorganizzazione politica e sociale del paese, dando potere diretto alle comunità organizzate come prerequisito per lo sviluppo” di un nuovo sistema economico.
Dalle proteste intorno a RCTV e al referendum, è nato un programma specializzato per reclutare leader tra gli attivisti del cambio di regime sostenuti dagli Stati Uniti. Si chiamano “Generazione 2007”.
Gli istruttori di Stratfor e CANVAS hanno identificato l’alleato di Guaidó, un organizzatore di protesta di strada di nome Yon Goicoechea, come “fattore chiave” per sconfiggere il referendum costituzionale. L’anno successivo, Goicochea è stato premiato per i suoi sforzi con il Milton Friedman Award for Advancing Freedom del Cato Institute, che includeva un assegno di 500.000 dollari, che ha rapidamente investito nella costruzione della sua rete politica: Primero Justicia.
Friedman, naturalmente, era il padrino dei famigerati neoliberali Chicago Boys che furono introdotti in Cile dal leader della giunta dittatoriale, Augusto Pinochet, per attuare radicali politiche di austerità fiscale di tipo “shock doctrine”. E il Cato Institute è il gruppo di esperti libertari con sede a Washington DC, fondato dai Fratelli Koch, due dei principali finanziatori del Partito Repubblicano che sono diventati aggressivi sostenitori di destra in tutta l’America Latina. Wikileaks ha pubblicato una e-mail del 2007 dall’ambasciatore degli Stati Uniti in Venezuela William Brownfield, inviata al Dipartimento di Stato, al Consiglio di Sicurezza Nazionale e al Dipartimento della Difesa del Comando Sud, lodando la “Generazione 2007” per aver “costretto il presidente venezuelano, abituato a fissare l’agenda politica, a reagire sulla difensiva”. Tra i “leader emergenti” identificati da Brownfield vi erano Freddy Guevara e Yon Goicoechea. Brownfield ha elogiato quest’ultimo come “uno dei più autorevoli difensori delle libertà civili tra gli studenti. Con una grande quantità di denaro degli oligarchi libertari e delle squadre di soft power del governo degli Stati Uniti, questi dirigenti del radicalismo venezuelano hanno portato in piazza le loro tattiche Otpor, insieme ad una versione del logo del gruppo.
Nel 2009, gli attivisti giovanili della cosiddetta Generation 2007 hanno organizzato la manifestazione più provocatoria fino ad oggi: si sono tolti i pantaloni per le strade e hanno usato la scandalosa tattica del “guerrilla theatre” descritta da Gene Sharp nei manuali per il cambio di regime. I manifestanti si erano mobilitati contro l’arresto di un affiliato di un altro gruppo giovanile di nome JAVU. Questo gruppo di estrema destra “ha raccolto fondi da varie fonti del governo americano, permettendogli di guadagnare rapidamente notorietà come ala della linea dura dei movimenti di strada dell’opposizione”, secondo il libro dell’accademico George Ciccariello-Maher, Building the Commune.
Anche se il video di protesta non è disponibile, molti venezuelani hanno identificato Guaidó come uno dei principali partecipanti. Sebbene l’accusa non sia confermata, è certamente plausibile; i manifestanti nudi erano membri del nucleo interno della Generazione 2007 a cui apparteneva Guaidó, e che erano vestiti con il loro marchio di fabbrica, le camicie della Resistenza Venezuela, come si vede di seguito:
Quell’anno, Guaidó si è mostrato al pubblico in modo diverso, fondando un partito politico per conquistare correnti anti-Chavez che la sua generazione del 2007 aveva coltivato. Chiamato Voluntad Popular, è stato guidato da Leopoldo Lopez, un attivista di destra di Princeton che ha partecipato attivamente ai programmi del Fondo Nazionale per la Democrazia ed è stato eletto sindaco di un distretto di Caracas, uno dei più ricchi del paese. López era un ritratto dell’aristocrazia venezuelana, diretto discendente dal primo presidente del Venezuela. È anche cugino di primo grado di Thor Halvorssen, fondatore della Human Rights Foundation con sede negli Stati Uniti, che funziona come agenzia pubblicitaria de facto per attivisti antigovernativi sostenuti dagli Stati Uniti in paesi selezionati da Washington per il cambio di regime. Mentre gli interessi di Lopez si allineavano perfettamente con quelli di Washington, i messaggi diplomatici americani pubblicati da Wikileaks hanno evidenziato inclinazioni fanatiche che alla fine avrebbero portato all’emarginazione di Voluntad Popular. Un messaggio identificava Lopez come “una figura di divisione all’interno dell’opposizione… spesso descritta come arrogante, vendicativa e assetata di potere. Altri hanno sottolineato la sua ossessione per gli scontri di strada e il suo “approccio inflessibile” come fonte di tensione con altri leader dell’opposizione che hanno dato priorità all’unità e alla partecipazione alle istituzioni democratiche del paese.
Nel 2010, Voluntad Popular e i suoi sostenitori stranieri si sono attivati per sfruttare la peggiore siccità che abbia mai colpito il Venezuela negli ultimi decenni. La grande scarsità di energia elettrica aveva colpito il paese a causa della carenza di acqua, necessaria per alimentare le centrali idroelettriche. La recessione economica globale e il calo dei prezzi del petrolio hanno acuito la crisi, il che ha portato al malcontento della popolazione.
Stratfor e CANVAS, consulenti chiave di Guaidó e della sua squadra antigovernativa, idearono un piano incredibilmente cinico per colpire a morte la rivoluzione bolivariana. Il piano si basava su un crollo del 70% del sistema elettrico del paese nell’aprile 2010.
“Questo potrebbe essere il fatto decisivo poiché Chávez non potrebbe fare molto per proteggere le classi meno abbienti dal cedimento del sistema elettrico”, si leggeva in un memorandum ad uso interno di Stratfor. “Questo avrebbe probabilmente l’impatto di suscitare l’instabilità pubblica in un modo che nessun gruppo di opposizione potrebbe ingenerare. Nel frangente, un gruppo dell’opposizione si troverebbe nella miglior condizione per approfittare degli eventi e rivolgerli contro Chávez”.
A questo punto, l’opposizione venezuelana riceve 40-50 milioni di euro all’anno da organizzazioni governative come l’USAID e il National Endowment for Democracy, secondo un rapporto del think tank spagnolo, il FRIDE Institute. L’opposizione aveva anche una fortuna quasi illimitata a disposizione sui suoi conti, la maggior parte dei quali al di fuori del paese.
Anche se lo scenario previsto da Statfor non si è realizzò, gli attivisti del Partito della Voluntad Popular e dei suoi alleati hanno escluso ogni ipotesi di non violenza e si sono uniti ad un piano radicale per destabilizzare il paese.
Verso una destabilizzazione violenta
Nel novembre 2010, secondo le e-mail ottenute dai servizi di sicurezza venezuelani e presentate dall’ex ministro della giustizia Miguel Rodriguez Torres, Guaidó, Goicoechea e diversi altri studenti attivisti hanno partecipato a una formazione segreta di cinque giorni presso l’hotel Fiesta Mexicana di Città del Messico. Le sessioni sono state guidate da Otpor, gli istruttori per il cambio di regime con sede a Belgrado, sostenuti dal governo degli Stati Uniti. Secondo quanto riportato, l’incontro ha ricevuto la benedizione di Otto Reich, un fanatico anti-castrista che ha lavorato presso il Dipartimento di Stato di George W. Bush e per l’ex presidente colombiano di destra Alvaro Uribe.
All’hotel Fiesta Mexicana, secondo le e-mail, Guaidó e i suoi colleghi attivisti hanno elaborato un piano per rovesciare il presidente Hugo Chávez generando il caos grazie a durature azioni di violenza di strada.
Tre responsabili dell’industria petrolifera, Gustavo Tovar, Eligio Cedeño e Pedro Burelli, avrebbero coperto con 52.000 dollari i costi dell’incontro. Tovar è un “attivista per i diritti umani” e si è autoproclamato “intellettuale”; il fratello minore, Reynaldo Tovar Arroyo, è il rappresentante venezuelano della compagnia messicana privata di petrolio e gas Petroquímica del Golfo, che ha un contratto con lo stato venezuelano.
Cedeño, da parte sua, è un uomo d’affari venezuelano, un latitante, che ha chiesto asilo negli Stati Uniti, e Pedro Burelli, un ex dirigente della JP Morgan ed ex direttore della compagnia petrolifera nazionale venezuelana, Petróleo de Venezuela (PDVSA). Ha lasciato la PDVSA nel 1998 quando Hugo Chávez è diventato presidente ed è membro del comitato consultivo del programma di leadership latinoamericano della Georgetown University.
Burelli ha insistito che le e-mail che dettagliavano la sua partecipazione all’incontro sono state falsificate e ha persino assunto un investigatore privato per provarlo. L’investigatore ha affermato che i registri di Google dimostrano che le e-mail presumibilmente di Burelli non fossero mai state inviate.
Oggi, però, Burelli non nasconde il suo desiderio di vedere Nicolás Maduro, l’attuale presidente del Venezuela, deposto e addirittura trascinato per le strade e sodomizzato con una baionetta, come il leader libico Muammar Gheddafi dalla milizia sostenuta dalla NATO.
Il presunto intrigo di Fiesta Mexicana è confluito in un altro piano di destabilizzazione rivelato in una serie di documenti prodotti dal governo venezuelano. Nel maggio 2014, Caracas ha pubblicato documenti che descrivono in dettaglio un complotto per assassinare il presidente Nicolás Maduro. Le fughe di notizie hanno permesso di identificare María Corina Machado, con residenza a Miami, come coordinatrice del piano. Con una linea dura e un debole per la retorica estrema, Machado ha funzionato come collegamento internazionale per l’opposizione, visitando il presidente George W. Bush nel 2005.
“Penso che sia giunto il momento di unire le forze, fare le chiamate necessarie e ottenere i finanziamenti per annientare Maduro e il tutto il resto crollerà”, ha scritto Machado in una e-mail all’ex diplomatico venezuelano Diego Arria nel 2014.
In un’altra e-mail, Machado ha detto che il piano violento è stato approvato dall’ambasciatore degli Stati Uniti in Colombia Kevin Whitaker. “Ho deciso che questa battaglia durerà finché questo regime non sarà abbattuto… Se sono andato a San Cristóbal e mi sono esposta davanti all’OEA, non ho paura di nulla. Kevin Whitaker ha già riconfermato il suo sostegno e ha illustrato i nuovi passi da fare. Abbiamo un libretto degli assegni più grande di quello del regime per spezzare la rete di sicurezza internazionale.
Guaidó si dirige verso le barricate
Nel febbraio 2014, gli studenti manifestanti che hanno agito come truppe di assalto per l’oligarchia esiliata hanno eretto barricate in tutto il paese, trasformando le caserme controllate dall’opposizione in violente fortezze note come guarimbas. Mentre i media internazionali descrivevano i disordini come una protesta spontanea contro il governo di Maduro, c’erano ampie prove che Voluntad Popular stava orchestrando il programma.
“Nessuno dei dimostranti delle università indossava le magliette universitarie, tutti indossavano magliette di Voluntad Popular o di Primero Justicia”, ha dichiarato un partecipante di guarimba a quel tempo. “Avrebbero potuto essere gruppi studenteschi, ma i consigli studenteschi sono affiliati ai partiti politici dell’opposizione e sono responsabili nei loro confronti”. Quando è stato chiesto chi fossero i leader, il partecipante della guarimba ha detto: “Beh, per la verità, quei ragazzi ora sono deputati”.
Circa 43 persone sono morte durante le guarimbas del 2014. Tre anni dopo, sono esplose di nuovo, causando la distruzione massiccia delle infrastrutture pubbliche, l’assassinio di sostenitori del governo e la morte di 126 persone, molte delle quali erano Chavisti. In molti casi, i sostenitori del governo sono stati arsi vivi da bande armate.
Guaidó è stato direttamente coinvolto nelle guarimbas 2014. Infatti, ha twittato un video in cui si è mostrato con casco e maschera antigas, circondato da elementi mascherati e armati che avevano chiuso una strada oggetto di un violento confronto con la polizia. Alludendo alla sua partecipazione alla Generazione 2007, ha proclamato: “Ricordo che nel 2007 abbiamo proclamato “Studenti! Adesso, gridiamo: “Resistenza! Resistenza! Resistenza!”. Guaidó ha eliminato il tweet, dimostrando un’apparente preoccupazione per la sua immagine di difensore della democrazia.
Il 12 febbraio 2014, al culmine delle guarimbas di quell’anno, Guaidó si unì a López in un incontro di Voluntad Popular y Primero Justicia. Durante una lunga polemica contro il governo, Lopez ha esortato la folla a marciare verso l’ufficio del procuratore generale Luisa Ortega Diaz. Poco dopo, l’ufficio di Diaz è stato attaccato da bande armate che hanno cercato di incendiare. La Ortega Lopez ha denunciato quella che lei ha definito “violenza pianificata e premeditata”.
In un’apparizione televisiva nel 2016, Guaidó ha liquidato le morti causate dalle guayas, una tattica di guarimba che consiste nello stendere un filo d’acciaio attraverso un’autostrada per ferire o uccidere i motociclisti. Li ha definiti un “mito”. I suoi commenti hanno cancellato una tattica mortale che aveva ucciso civili disarmati come Santiago Pedroza e decapitato un uomo di nome Elvis Durán, tra molti altri.
Questo insensibile disprezzo per la vita umana definirebbe il suo partito Voluntad Popular agli occhi di gran parte del pubblico, compresi molti degli oppositori di Maduro.
Fine di Voluntad Popular
Con l’intensificarsi della violenza e della polarizzazione politica in tutto il paese, il governo ha iniziato ad agire contro i leaders di Voluntad Popular che hanno contribuito ad alimentarela.
Freddy Guevara, vicepresidente dell’Assemblea Nazionale e secondo al comando di Voluntad Popular, è stato il principale leader nelle rivolte di strada del 2017. Di fronte a un processo per il suo ruolo nelle violenze, Guevara si è rifugiato nell’ambasciata cilena, dove continua ad essere ospitato.
Lester Toledo, un deputato di Voluntad Popular dello stato di Zulia, è ricercato dal governo venezuelano da settembre 2016 con l’accusa di finanziare il terrorismo e pianificare assassinii. Si è detto che i piani sarebbero stati articolati con l’ex presidente colombiano Álavaro Uribe. Toledo è fuggito dal Venezuela e ha fatto diversi tour finanziati da Human Rights Watch, Freedom House, il Congresso spagnolo e il Parlamento europeo, e sostenuto dal governo degli Stati Uniti.
Carlos Graffe, un altro membro della Generazione Otpor formatosi nel 2007 che guidava Voluntad Popular, è stato arrestato nel luglio 2017. Secondo la polizia, era in possesso di una borsa piena di chiodi, esplosivi C4 e di un detonatore. È stato rilasciato il 27 dicembre 2017.
Leopoldo López, leader popolare di Voluntad Popular, è attualmente agli arresti domiciliari, accusato di un ruolo chiave nella morte di 13 persone durante le guarimbas del 2014. Amnesty International ha definito López “prigioniero politico” e ha giudicato il suo trasferimento dalla prigione a casa una misura “non ancora sufficiente”. Nel frattempo, i parenti delle vittime di guarimba hanno presentato una petizione per ulteriori accuse contro López.
Yon Goicoechea, “el Pajajero” dei fratelli Koch e fondatore di Primero Justicia, sostenuta dagli Stati Uniti, è stato arrestato nel 2016 dalle forze di sicurezza che sosteneva di aver trovato un chilo di esplosivi nella sua auto. In un articolo del New York Times, Goicoechea ha contestato le accuse definendole “falsificate” e ha affermato di essere stato imprigionato semplicemente per il suo “sogno di una società democratica, libera dal comunismo”. È stato rilasciato nel novembre 2017.
David Smolansky, anch’egli membro del gruppo originario di Generation 2007 addestrato da Otpor, è diventato il più giovane sindaco del Venezuela quando è stato eletto nel 2013 a El Hatillo. Smolansky è stato spogliato della sua carica e condannato a 15 mesi di prigione dalla Corte Suprema che lo ha ritenuto colpevole di aver fomentato le violente guarimbas.
Di fronte alla minaccia di arresto, Smolansky si rasò la barba, si mise gli occhiali da sole e fuggì in Brasile travestito da sacerdote con una bibbia in mano e un rosario al collo. Attualmente vive a Washington, DC, dove è stato scelto dal Segretario dell’Organizzazione degli Stati Americani, Luis Almagro, per guidare il gruppo di lavoro sulla crisi dei migranti e rifugiati venezuelani.
Il 26 luglio Smolansky ha tenuto quello che ha definito un “cordiale incontro” con Elliot Abrams, condannato per l’operazione Iran-Contra e insediato da Trump in qualità di inviato speciale degli Stati Uniti in Venezuela. Abrams è noto per aver gestito la strategia segreta degli Stati Uniti di armare le squadre della morte durante gli anni ’80 in Nicaragua, El Salvador e Guatemala. Il suo ruolo da protagonista nel colpo di stato del Venezuela ha suscitato il timore che un’altra guerra di potere intrisa di sangue potrebbe essere in arrivo.
Quattro giorni prima, María Corina Machado ha fatto eco a un’altra minaccia violenta contro Maduro, dichiarando che se “vuoi salvare la tua vita, devi capire che il tuo tempo è scaduto”.
Una pedina nel suo gioco
Il crollo di Voluntad Popular sotto il peso della violenta campagna di destabilizzazione le ha alienato ampi settori dell’opinione pubblica e ha posto fine a gran parte della sua leadership in esilio o in arresto. Guaidó rimane una figura relativamente minore, avendo trascorso la maggior parte dei suoi nove anni di carriera nell’Assemblea Nazionale come vice supplente. Proveniente da uno degli stati meno popolati del Venezuela, Guaidó si è classificato secondo alle elezioni parlamentari del 2015, con solo il 26% dei voti espressi per assicurarsi il posto all’Assemblea Nazionale. In effetti, il suo culo era più conosciuto della sua faccia.
Guaidó viene presentato come presidente dell’Assemblea Nazionale dominata dall’opposizione, ma non è mai stato eletto per questa carica. I quattro partiti di opposizione che componevano il tavolo di Unità Democratica all’Assemblea Nazionale avevano deciso di istituire una presidenza a rotazione. Il turno di Voluntad Popular era in corso, ma il suo fondatore, López, era agli arresti domiciliari. Nel frattempo, il suo secondo in comando, Guevara, si era rifugiato nell’ambasciata cilena. Un personaggio di nome Juan Andrés Mejía sarebbe stato il seguente in linea di successione, ma per ragioni che sono solo ora chiare, è stato selezionato Juan Guaidó.
“C’è un ragionamento di classe che spiega l’ascesa di Guaidó”, osserva Sequera, l’analista venezuelano. “Mejia è di classe superiore, ha studiato in una delle università private più costose del Venezuela e non potrebbe essere facilmente smerciato al pubblico come si può fare con Guaidó.
Da un lato, Guaidó ha caratteristiche di meticcio comuni alla maggior parte dei venezuelani, e sembra più un uomo comune. Inoltre, non era stato sovraesposto dai media, quindi può diventare quasi tutto.
Nel dicembre 2018, Guaidó ha attraversato il confine e si è recato a Washington, Colombia e Brasile per coordinare il piano di manifestazioni di massa durante la cerimonia di insediamento del presidente Maduro. La sera prima della cerimonia di giuramento di Maduro, il vicepresidente Mike Pence e il ministro degli esteri canadese Chrystia Freeland hanno chiamato Guaidó per confermargli il loro sostegno.
Una settimana dopo, il senatore Marco Rubio, il senatore Rick Scott e il deputato Mario Diaz-Balart e tutti i parlamentari della lobby cubana di destra in esilio in Florida, si sono riuniti col presidente Trump e il vicepresidente Pence alla Casa Bianca. Su loro richiesta, Trump accettò che se Guaidó si fosse dichiarato presidente, lo avrebbero sostenuto.
Il Segretario di Stato Mike Pompeo ha incontrato personalmente Guaidó il 10 gennaio, secondo il Wall Street Journal. Tuttavia, Pompeo non è riuscito a pronunciare il nome di Guaidó quando lo ha menzionato in una conferenza stampa del 25 gennaio, riferendosi a lui come “Juan Guido”.
Dall’11 gennaio, la pagina Wikipedia di Guaidó è stata modificata 37 volte, evidenziando la lotta per plasmare l’immagine di una figura anonima che ora era un’immagine per le ambizioni di cambiamento di regime di Washington. Alla fine, la supervisione editoriale della sua pagina è stata affidata al consiglio di amministrazione di Wikipedia di “bibliotecari”, che lo ha dichiarato presidente “controverso” del Venezuela.
Guaidó può essere stata una figura oscura, ma la sua combinazione di radicalismo e opportunismo ha soddisfatto i bisogni di Washington. “Quel pezzo all’interno mancava”, ha detto il governo di Trump su Guaidó. “Era il pezzo di cui avevamo bisogno perché la nostra strategia fosse coerente e completa”.
“Per la prima volta”, ha detto Brownfield, l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Venezuela, al New York Times, “avete un leader dell’opposizione che sta chiaramente dicendo alle forze armate e alla polizia che vuole tenerli dalla parte degli angeli e con i buoni”.
Ma Voluntad Popular di Guaidó ha formato i gruppi che hanno provocato le guarimbas causando la morte di poliziotti e cittadini comuni. Si era addirittura vantato di essere coinvolto in disordini di strada. E ora, per conquistare i cuori e le menti dei militari e della polizia, Guaidó vuole cancellare questa storia intrisa di sangue.
Il 21 gennaio, un giorno prima dell’inizio del colpo di stato, la moglie di Guaidó ha diffuso un video in cui chiede ai militari di opporsi a Maduro. La sua performance è rigida e poco entusiasmante, evidenziando i contorni politici del marito.
Mentre Guaidó attende l’assistenza diretta, rimane quello che è sempre stato: il progetto preferito dalle ciniche forze estere. “Non importa se crolla e brucia dopo tutte queste disavventure”, ha detto Sequera della stella del colpo di stato. “Per gli americani, è spendibile”.
[Trad. dal castigliano per ALBAinformazione di Alessio Decoro]

Preso da: https://albainformazione.com/2019/02/09/207411/

Dittatura finanziaria: il piano segreto delle élite per la conquista del potere


Calato il sipario su queste elezioni e appurato che sono stati puniti i partiti filo-UE, in attesa di capire che cosa avverrà tra possibilità di inciuci, patti e larghe intese per la “salvezza nazionale” per relegare all’opposizione il centrodestra, possiamo trarre diverse riflessioni. La prima è che è stata la campagna elettorale italiana peggiore di sempre, soprattutto per il clima di violenza che si è riversato sulle strade con episodi gravissimi. È come se il fenomeno degli haters fosse sgusciato dai social network per contagiare l’intera società, mostrando così il lato peggiore dell’umana convivenza: la disperazione ha assunto il profilo della follia sociale.
Invece di puntare sui programmi elettorali, tutto è stato spettacolarizzato e banalizzato. Si è focalizzata l’attenzione sugli slogan  triti e ritritida salotto televisivo e si è distratta l’opinione pubblica sulla lotta tra fascismo e antifascismo (utilizzando così due regole auree della manipolazione sociale, il divide et impera e la distrazione delle masse dai veri problemi).
Il popolo però non ha rinunciato all’idea concreta del cambiamento o almeno a sognarlo. Ora vedremo se era l’ennesima illusione, se il potere ha trovato altri burattinai da manovrare per eterodirigere le masse, oppure no…

Il vero nemico è il liberismo: l’elettorato si oppone alle élite tecnofinanziarie

Sembra però che la propaganda filo-UE si sia arenata contro i problemi “reali”: crisi, disoccupazione, pensioni, sanità, ecc. Ne parlavo già nello scorso articolo in cui analizzavo le dimissioni di Renzi da segretario del PD.
Il risultato delle elezioni mostra che la popolazione sono stati puniti severamente tutti i partiti filo-Bruxelles, neo-liberisti e mondialisti.
Ciò non significa che le forze che hanno guadagnato più voti siano realmente dei partiti antisistema, questo lo potremo appurare tra qualche mese, ma che l’elettorato, stanco di promesse e mancate riforme, ha orientato la propria preferenza su quei partiti o movimenti considerati “populisti” ma che sulla carta sembrano opporsi alle élite tecnofinanziarie e ai poteri forti.
Sulla carta perché già si prospettano degli scenari inquietanti con un governo con la Bonino a capo della coalizione M5S-PD per tranquillizzare  i  poteri eurocratici. Mentre, come notava Blondet «lo sviluppo rivoluzionario sarebbe un’alleanza del Movimento 5 Stelle con Salvini –  avendo l’elettorato dato una maggioranza  oltre il 50%  alle formazioni “populiste” e sovraniste (o credute tali, come i M5S), comunque anti-sistema».
Per capire come siamo arrivati a questo risultato consiglio la lettura di Dittatura finanziaria. Il piano segreto delle élite dietro la crisi economica per conquistare il potere, il nuovo libro dell’amico Francesco Toscano pubblicato da Uno Editori nella collana Revoluzione, con la prefazione di Diego Fusaro.
Un saggio che consiglio a tutti coloro che vogliano approfondire tematiche all’apparenza complesse che l’autore riesce invece a rendere in modo chiaro, divulgativo e a tratti persino sarcastico.
Potremmo dire, in estrema sintesi, che i “nemici” contro cui si accanisce la penna di Toscano sono i sostenitori dell’élite tecno-finanziaria che sta riducendo in schiavitù i Paesi della zona UE e che ha polverizzato la Grecia. Un testo che approfondisce il legame tra mondialismo, mercato, trattati europei, che mostra i retroscena del totalitarismo liberal-libertario dell’Unione Europea come compimento del capitalismo assoluto, deregolamentato e post-nazionale. Ma che, soprattutto, non si abbandona allo sconforto e propone delle soluzioni per invertire la rotta e ripartire.

Dittatura finanziaria: il piano segreto delle élite

L’autore documenta il processo di destrutturazione del primato politico degli Stati sovrani nazionali, volto a favorire un’élite finanziaria e a precarizzare la società.
Lo sintetizza Fusaro nella prefazione:
«L’Unione Europea, fin dal suo atto genetico (Maastricht, 1992), si è venuta configurando come l’apoteosi del capitalismo finanziariodenazionalizzato, spoliticizzato a beneficio esclusivo della nuova aristocrazia finanziaria e palesemente ai danni del vecchio ceto medio borghese e del proletariato, entrambi in fase di riplebeizzazione e di pauperizzazione programmata».
Il testo si focalizza sul nazismo tecnocratico (pensiamo alla famigerata troika, formata da UE, BCE e FMI, tre istituzioni tecnocratiche mai influenzate da prassi e metodi democratici o controllabili dal basso).
Il nazismo tecnocratico ha due obiettivi principali:
– dividere la società in classi differenti,
– e trasferire la sovranità dal popolo a una invisibile élite tecnocratica, una vera e propria oligarchia finanziaria mondialista che di certo non ha interesse per le sorti del popolo.

Nazismo tecnocratico e nazismo del passato

Anzi. Toscano individua un fil rouge tra l’odierno nazismo tecnocratico e il nazismo del passato che si può sintetizzare nell’odio per l’Uomo:
«Dietro l’ansia di smantellare tutte le conquiste sociali dell’ultimo secolo si intravede un fanatismo sospetto che tradisce un odio profondo contro l’Uomo. Un fanatismo che rischia di condurre l’Europa alla catastrofe totale. Il nazismo tecnocratico rappresenta un fenomeno potente e inquietante proprio perché sconosciuto e non compreso. Un fenomeno che − seppur unitario nel suo sovraintendere l’imposizione della “globalizzazione” − riesce a mostrare volti differenti a seconda dei diversi luoghi di intervento: tanto arcigno, tecnocratico e politicamente corretto in Europa, quanto brutale, violento, sanguinario e corrotto in Medio Oriente».
Il nazismo tecnocratico non è pertanto la prosecuzione del nazismo classico, è un fatto nuovo che conserva però con il nazismo originale lastessa furia distruttiva, applicando metodi molto diversi nel tentativo di raggiungere però simili obiettivi.

Se le sinistre si sottomettono agli interessi del capitale finanziario

Questo è il vero nemico che si dovrebbe combattere, mentre attraverso il metodo del divide et impera si genera caos per ottenere un ordine fittizio che era stato preordinato, deciso dall’alto. «L’impoverimento generalizzato della società europea» spiega Toscano «dovrebbe favorire il riemergere prepotente delle forze socialiste e di sinistra, teoricamente protese per natura nella difesa degli interessi dei più deboli. In realtà le sinistre al potere si sono dimostrate prone rispetto agli interessi del grande capitale finanziario che massimizza i suoi effetti distruttivi in regime di libera circolazione».
Insomma, Toscano ricostruisce il processo lenta agonia a cui i Paesi UE sono sottoposti e mostra il costituirsi di una dittatura dolce e strisciante che con i suoi mantra politicamente corretti costringe i popoli ad allinearsi al pensiero unico, inducendo i servi ad amare le proprie catene.
via UnoEditori

Preso da: http://www.ninconanco.info/dittatura-finanziaria-il-piano-segreto-delle-elite-per-la-conquista-del-potere/

Giù le mani dal Venezuela! Qui la Raccolta Firme

 
Lettera aperta al popolo statunitense
Se c’è qualcosa che so, è sui popoli, perché come voi sono un uomo del Popolo. Sono nato e cresciuto in un quartiere povero di Caracas. Mi sono formato nel calore delle lotte popolari e sindacali in una Venezuela sommersa nell’esclusione e nella diseguaglianza. Non sono un magnate, sono un lavoratore di ragione e di cuore che oggi ha il grande privilegio di presiedere il nuovo Venezuela, radicato in un modello di sviluppo inclusivo e di uguaglianza sociale, forgiato dal Comandante Hugo Chávez a partire dal 1998 e ispirato dall’eredità Bolivariana.
Oggi viviamo in una sorta di trance storico.
Stiamo vivendo giorni che definiranno il futuro dei nostri paesi, tra la guerra e la pace. I vostri rappresentanti nazionali di Washington vogliono portare ai loro confini lo stesso odio che hanno piantato in Vietnam. Vogliono invadere e intervenire in Venezuela – dicono, come dicevano allora – in nome della democrazia e della libertà.

Ma non è così. La storia dell’usurpazione del potere in Venezuela è tanto falsa quanto le armi di distruzione di massa in Iraq. È un caso falso, ma che può avere conseguenze drammatiche per tutta la nostra regione.
Il Venezuela è un paese che, in virtù della Costituzione del 1999, ha ampiamente esteso la
democrazia partecipativa e protagonista del popolo e che, oggi, senza alcun precedente nella storia, negli ultimi 20 anni ha avuto il maggior numero di processi elettorali. Può non piacere la nostra ideologia o il nostro aspetto, ma esistiamo e siamo milioni.
Rivolgo queste parole al popolo degli Stati Uniti d’America per avvertirlo della gravità e
pericolosità delle intenzioni di alcuni settori della Casa Bianca, che intendono invadere il Venezuela con conseguenze imprevedibili per la nostra Patria e per l’intera regione americana. Inoltre, il Presidente Donald Trump intende perturbare le nobili iniziative di dialogo promosse da Uruguay e Messico con il sostegno di CARICOM per una soluzione pacifica e dialogata a favore del Venezuela. Sappiamo che per il bene del Venezuela dobbiamo sederci e parlare, perché rifiutare il dialogo significherebbe scegliere la forza come strada. Dobbiamo ricordare le parole di John F. Kennedy: ” Non dobbiamo mai negoziare per paura, ma non dobbiamo mai aver paura di negoziare”. Forse chi non vuole dialogare ha paura della verità?
L’intolleranza politica verso il modello Bolivariano venezuelano, gli interessi per le nostre immense risorse petrolifere, minerarie e altre grandi ricchezze, hanno alimentato una coalizione internazionale, guidata dal governo degli Stati Uniti, per commettere la grave follia di aggredire militarmente il Venezuela sotto la falsa scusa di un’inesistente crisi umanitaria.
Il popolo del Venezuela ha sofferto dolorosamente le ferite sociali causate da un blocco commerciale e finanziario criminale, che è stato aggravato dall’espropriazione e dal furto delle nostre risorse finanziarie e dei nostri beni in paesi allineati con questo folle attacco. Eppure, grazie ad un nuovo sistema di protezione sociale, di assistenza rivolta ai settori più vulnerabili, continuiamo orgogliosamente a essere un paese con un alto indice di sviluppo umano e con il minore tasso di disuguaglianza nelle Americhe.
Il popolo americano deve sapere che questa complessa aggressione multiforme viene condotta con totale impunità e in chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite, che proibisce espressamente la minaccia o l’uso della forza, oltre ad altri principi e scopi a favore della pace e delle relazioni amichevoli tra le Nazioni.
Vogliamo continuare ad essere partner commerciali del popolo degli Stati Uniti, come abbiamo fatto nella nostra storia. I politici di Washington, d’altra parte, sono disposti a mandare i loro figli e figlie a morire in una guerra assurda, piuttosto che rispettare il sacro diritto del popolo venezuelano all’autodeterminazione e alla salvaguardia della sua sovranità.
Noi, venezuelani e venezuelane, siamo patrioti proprio come voi, popolo degli Stati Uniti. E difenderemo ciò che è nostro con tutti i pezzi della nostra anima. Oggi il Venezuela è unito in un unico grido: chiediamo la fine dell’aggressione che cerca di opprimere la nostra economia e soffocare socialmente il nostro popolo, così come la cessazione delle gravi e pericolose minacce d’intervento militare contro il Venezuela.
Facciamo appello all’anima buona della società americana, vittima dei suoi stessi governanti, per unirsi alla nostra richiesta di pace ed essere un popolo unico contro il bellicismo e la guerra. Lunga vita ai popoli d’America!
Nicolás Maduro
Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela
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Giù le mani dal Venezuela! Qui i moduli per la raccolta firme!
Raccoglietele e consegnatele all’ufficio consolare o diplomatico venezuelano a voi più prossimo!

Preso da: https://albainformazione.com/2019/02/16/20856/

La guerra contro la memoria storica è una campagna a lungo termine della NATO

La NATO è un’alleanza presente da tempo immemorabile che ha liberato l’Europa dal nazismo e ci protegge dall’orso russo, che poi è quello che dovremmo credere. La verità storica è molto diversa, ma la NATO si sforza di revisionarla. Un compito a lungo termine con conseguenze oscure.

| Varsavia (Polonia)
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Aggiornamento: L’autore di questo articolo è stato arrestato e imprigionato, in data 18 maggio 2016.

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Nei giorni 8 e 9 luglio, Varsavia ospiterà il prossimo vertice della NATO, la riunione dei capi degli Stati membri dell’Alleanza nel formato del Consiglio Nord Atlantico.
L’incontro di Varsavia sarà il 25° vertice nella storia della NATO e vi saranno sviluppati gli accordi raggiunti nel corso della precedente riunione dei capi di Stato dell’Alleanza tenutasi a Newport nel 2014.
In particolare, abbiamo a che fare con la creazione di una forza di reazione rapida sul territorio dei paesi dell’Europa orientale che sarebbe in grado di condurre operazioni di combattimento lungo il cosiddetto fianco orientale dell’Alleanza. Il Ministro degli Affari Esteri della Polonia, Witold Waszczykowski, ha sottolineato che la creazione di basi militari permanenti della NATO e, in particolare, statunitensi sul territorio della Polonia sarà annunciato durante il vertice.
È attesa la presenza di 2.500 partecipanti oltre a quella di 1.500 giornalisti stranieri. Per questo evento è stato affittato il moderno Stadio Nazionale al centro di Varsavia. Le misure di sicurezza sono state inasprite in relazione a possibili minacce terroristiche e alle proteste di organizzazioni pubbliche che hanno già dichiarato la loro intenzione di tenere una sorta di anti-summit nella capitale polacca.

In tandem con i preparativi per l’evento, è stata condotta un’intensa campagna di informazione, il cui compito principale consiste nel fomentare le paure legate ad azioni e piani presumibilmente aggressivi da parte della Russia. La guerra sulla memoria storica fa parte di questa campagna a lungo termine. Qui va riconosciuto che la rivalutazione dei fatti storici e la negazione del ruolo dell’Unione Sovietica nella Grande Vittoria del 1945 trovano un certo terreno storico e politico nei paesi baltici e in Romania, dove gli autori della narrazione commissionata dalla NATO si riferiscono spesso direttamente a movimenti collaborazionisti locali presentando le loro attività come esempi di “lotta per l’indipendenza” nei confronti dell’Unione Sovietica.
La situazione è vista in modo diverso in Polonia, dove è molto difficile trovare sostegni in favore della tesi che la liberazione non sia stata la salvezza del popolo polacco dal genocidio di Hitler. La riformattazione della storia moderna è stata coordinata da agenzie statali come l’Istituto Polacco per la Memoria Nazionale. Tutte queste attività sono finalizzate a evitare la dissonanza cognitiva in modo che la popolazione dell’Europa orientale non possa guardare ai monumenti e ricordare la propria liberazione dalla Germania nazista ad opera dell’Armata Rossa, qualcosa che metterebbe in dubbio che la Russia sia lo storico ed eterno nemico e aggressore.
La riformattazione delle percezioni dei fatti storici è parte di questo alquanto complesso progetto a lungo termine. È impossibile fare qualcosa del genere nel corso dei soli due mesi che precedono il vertice. Tuttavia, altri sforzi possono essere intrapresi.
Nel quadro della guerra dell’informazione, i media dell’Europa orientale pubblicano regolarmente dei materiali in merito al dispiegamento di testate nucleari nella regione di Kaliningrad. L’esistenza stessa di questa regione come soggetto della Federazione Russa viene esibita come una minaccia per l’esistenza di paesi vicini. Sul fianco sud, un ruolo analogo nel processo volto a far montare un crescente senso di pericolo è attribuito alla Transnistria. In questo modo, Kaliningrad spaventa i popoli baltici e i polacchi, mentre la Transnistria è usata per terrorizzare i romeni e, in misura minore, i bulgari.
La guerra dell’informazione viene condotta in modo sistematico e professionale. Il suo inizio era legato alla necessità di preparare l’opinione pubblica alla diffusione di sistemi di difesa missilistica in Europa orientale.
In connessione con il processo di normalizzazione delle relazioni tra l’Occidente e l’Iran, i gestori delle pubbliche relazioni della NATO sono stati costretti ad ammettere finalmente che i sistemi missilistici sono finalizzati esclusivamente all’immaginaria minaccia russa.
La Polonia sta cercando di svolgere un ruolo di primo piano nelle zone settentrionali e del Baltico nell’ambito della corsa agli armamenti in Europa orientale. A sua volta, la Romania sta cercando di prendere l’iniziativa nella regione del Mar Nero. Ma tutto da quelle parti risulta tanto più difficile in quanto la Turchia ha agito come il leader della coalizione anti-russa da oltre un anno e mezzo in qua. Quella stessa Turchia che ha mostrato certe ambizioni geopolitiche.
Tuttavia, Bucarest sta cercando di utilizzare la totale mancanza di fiducia di Washington nei confronti di Erdoğan per offrire al Pentagono dei servigi alternativi. L’iniziativa per la creazione di una flotta combinata della NATO del Mar Nero, partecipata anche da quei paesi che non sono ancora membri dell’alleanza, Ucraina e Georgia, come proposto dal ministro della Difesa romeno Mihnea Motoc, è un esempio di tale approccio.
La preparazione del vertice è stata attentamente monitorata dal Dipartimento di Stato americano. Il vice di John Kerry, Anthony Blinken, ha recentemente visitato diversi paesi dell’Europa orientale. I colloqui del funzionario americano con i suoi colleghi dell’Europa orientale si riducono in sostanza a una cosa: gli ex membri del blocco orientale devono sostenere senza riserve la posizione di Washington durante il vertice, soprattutto per quanto riguarda il rafforzamento militare della NATO lungo il cosiddetto fianco orientale, e dovrebbero sopportare le spese della difesa a carico dei loro bilanci statali.
Blinken ha sottolineato che la Russia intende provocare le forze della NATO in vista del vertice. A sostegno delle sue parole, Blinken si è riferito ai pattugliamenti delle forze aeree russe sul Mar Baltico. Tuttavia, ha dimenticato di dire che quel che ha causato la preoccupazione dell’aeronautica russa è stata la presenza di navi da guerra USA. Ma secondo i funzionari americani, questa è una quisquilia che non vale la pena menzionare quando è in corso la guerra dell’informazione.
Blinken ha fatto in modo che il presidente americano possà sentirsi a suo agio nella capitale polacca. Al fine di far svolgere il vertice in un buon ambiente, il governo di Varsavia, facendo riferimento a una minaccia terroristica, ha approvato una legge in base alla quale è vietato che si svolga qualsiasi raduno o peggio durante il periodo in cui si tiene un evento internazionale di così estrema importanza come il vertice.
Tutto questo è stato fatto preoccupandosi del benessere del boss della nuova Europa filoamericana, Barack Obama. Le spese ufficiali del Ministero della Difesa polacco per lo svolgimento della riunione dei capi di Stato dell’alleanza ammontano a 40 milioni di dollari. Da sola questa notizia può davvero causare qualche incomprensione e portare i cittadini della capitale polacca a fare dei picchetti durante le giornate estive del vertice NATO.

Traduzione
Matzu Yagi

L’internazionale criminale: la Lega anticomunista mondiale

Fondata a Taiwan da Chiang Kai-shek, Reverendo Moon e da criminali nazisti e di guerra giapponesi, la Lega anticomunista mondiale (WACL) con Nixon la prima volta estese i metodi contro-insurrezionali nel sud-est asiatico e nell’America Latina. Sette capi di Stato parteciparono alle sue riunioni. Poi, rediviva con l’era Reagan, divenne uno strumento del complesso militare-industriale degli USA e della CIA durante la Guerra Fredda. Gli furono commissionati omicidi politici e l’addestramento controinsurreazionale in tutti i conflitti, tra cui l’Afghanistan dove era rappresentata da Usama bin Ladin.
| Parigi (Francia)
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Alla fine della seconda guerra mondiale, i servizi segreti statunitensi utilizzarono fascisti, ustascia e nazisti per creare una rete di agenti anticomunisti: Stay-behind [1]. Se reclutati negli Stati Uniti i futuri agenti atlantici dovevano rimanere segreti, negli Stati sotto il controllo sovietico, al contrario, dovevano agire pubblicamente. Fu creata quindi, nel 1946, una sorta di ente internazionale per coordinare l’azione degli agenti orientali trasferiti in occidente: il Blocco delle Nazioni anti-bolsceviche (ABN). Fascisti ucraini, ungheresi, rumeni, croati, bulgari, slovacchi, lituani, ecc. si unirono sotto la guida di Yaroslav Stetsko. Ex-capo collaborazionista ucraino, Stetsko è considerato il responsabile del massacro di 700 persone, per lo più ebrei, a Leopoli del 2 luglio 1941.

Otto anni più tardi, alla fine della guerra di Corea, gli Stati Uniti sostituirono la Francia in Indocina [2]. Il presidente Eisenhower creò un sistema di difesa regionale diretto contro l’URSS e la Cina. L’8 settembre 1954, seguendo il modello della NATO, fu creata la SEATO che raggruppava Australia, Nuova Zelanda, Pakistan, Filippine, Thailandia, Regno Unito e Stati Uniti. Il 2 dicembre il dispositivo fu completato con un trattato di difesa bilaterale tra Stati Uniti e Taiwan [3]. In parallelo, la CIA, sotto la direzione di Allen Dulles, struttura i servizi spionistici di tali Stati e crea un’organizzazione di contatto tra i partiti anticomunisti nella regione. Quindi, viene creata attorno Chiang Kai-shek la Lega anti-comunista dei popoli dell’Asia (APACL).

Oltre al presidente di Taiwan Chiang Kai-shek, l’APACL conta tra i suoi membri Paek Chun-hee, futuro presidente della Corea del Sud; Ryiochi Sasakawa, criminale di guerra divenuto milionario e benefattore del Partito liberale giapponese; e il Reverendo Sun Myung Moon [4], profeta della Chiesa dell’Unificazione. Inoltre, nelle file dell’APACL vi erano il generale Prapham Kulapichtir (Thailandia), il presidente Ferdinando Marcos (Filippine), il principe Sopasaino (Laos) [5] il colonnello Do Dang Cong, rappresentante del presidente del Vietnam Nguyen Van Thieu), ecc.
L’APACL è sotto il controllo totale di Ray S. Cline, allora capo della stazione della CIA a Taiwan [6], e pubblica l’Asian Bulletin redatto da Michael Lasater, futuro capo del dipartimento dell’Asia della Heritage Foundation [7].

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1967

La creazione della WACL

1976 The WACL 9th Conf. held at Seoul, Korea Dal 1958, il presidente del Blocco delle Nazioni anti-bolsceviche (ABN) presenziò a Taipei, in occasione della conferenza annuale della Lega anticomunista dei Popoli dell’Asia (APACL). Stetsko e Cline supervisionarono la fondazione della Political Warfare Cadres Academy di Taiwan, l’istituzione responsabile dell’addestramento dei quadri del regime di Chiang Kai-shek nella repressione anticomunista. L’accademia è l’equivalente asiatico del Psychological Warfare Center di Fort Bragg (Stati Uniti) e della Scuola delle Americhe a Panama [8]. Progressivamente, la CIA formò una rete di gruppi politici ed istruttori in controinsurrezione in tutto il mondo. Nel 1967, ABN e APACL si fusero denominandosi Lega anticomunista mondiale (World Anti-Communist League, WACL) estendendo le attività a tutto il “mondo libero”. Tra i nuovi membri vi erano i Los Tecos o Legione di Cristo Re, formazione fascista messicana creata durante la Seconda Guerra Mondiale. La Lega nella prima fase conobbe un boom negli anni ’73-’75, quando Richard Nixon e il consigliere per la sicurezza Henry Kissinger occupavano la Casa Bianca.

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Il suo finanziamento è assicurato generosamente dalla Chiesa della Riunificazione. Tuttavia, tale realtà non è più riconosciuta pubblicamente dal 1975. Il Rev. Sun Myung Moon disse poi di aver rotto i legami con la Lega, ma continuava ad esercitare la propria leadership tramite il suo rappresentante giapponese Osami Kuboki.

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Il ruolo della WACL nell’attuazione dei piani Fenice (1968-1971) e Condor (1976-1977), con l’assassinio di migliaia di sospetti simpatizzanti del comunismo nel sud-est asiatico e in America Latina, non è sufficientemente documentato.
L’Operazione Phoenix fu probabilmente applicata in Vietnam dal Joint Unconventionnal Warfare Task Force del maggiore-generale John K. Singlaub, poi presidente della WACL. Tuttavia, Singlaub ha sempre negato il coinvolgimento in tale operazione.
D’altra parte, il generale Hugo Banzer, che impose la sua dittatura in Bolivia nel 1971-1978, presiedette la sezione latinoamericana della WACL. Banzer organizzò un piano per eliminare fisicamente i suoi oppositori comunisti nel 1975. Il piano Banzer fu presentato come modello da seguire in un vertice latinoamericano della WACL ad Asuncion, nel 1977, alla presenza del dittatore paraguaiano Alfredo Stroessner. Una mozione diretta a procedere nello stesso modo, l’eliminazione di tutti i sacerdoti e religiosi seguaci della teologia della liberazione nell’America Latina, fu presentata dalla delegazione del Paraguay e adottata dalla Conferenza mondiale della WACL nel 1978 [9].
Non si sa con certezza il ruolo della WACL nella strategia della tensione che colpì l’Europa in quel periodo. François Duprat, fondatore di Ordine Nuovo francese; Giorgio Almirante, fondatore del MSI; lo spagnolo Jesus Palacio, fondatore di CEDADE; il belga Paul Vankerhoven, presidente del Circolo delle nazioni, e altri come loro, militarono nella WACL. La Lega esfiltrò dall’Italia Stefano delle Chiaie [10] ricercato per terrorismo, e l’inviò in Bolivia, allora sotto il regime di Hugo Banzer, dove fu nominato subito secondo di Klaus Barbie alla testa degli squadroni della morte.
La documentazione è scarsa anche sul ruolo della WACL nella guerra in Libano. E’ noto, al massimo, che reclutò mercenari per le milizie cristiane del presidente Camille Chamoun nel 1975, una settimane prima dello scoppio del conflitto.

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Al suo arrivo alla Casa Bianca nel 1977, Jimmy Carter volle porre fine alle pratiche sordide dei predecessori. L’Ammiraglio Stanfield Turner fu nominato capo della CIA e si dedicò ad eliminare i regimi autoritari in America Latina. Fu dura per la WACL, che non ricevette più finanziamenti dai suoi membri. Allora divenne un covo di anti-Carter, preparandosi a giorni migliori e creando spontaneamente rapporti con la principale organizzazione anti-Carter degli Stati Uniti, la Coalizione Nazionale per la Pace Attraverso la Forza (National Coalition for Peace Through Strength). Tale fronte del rifiuto promanava dal Consiglio di sicurezza nazionale statunitense, che il presidente Eisenhower designò con il termine “complesso militare-industriale” [11]. I suoi co-presidenti erano il generale Daniel O’Graham [12], che partecipò con George H. Bush alla Commissione Pipes per la rivalutazione della minaccia sovietica, denominata Team B [13], e il generale John K. Singlaub [14].
Numerosi funzionari della Lega erano legati ai comitati per l’elezione di Ronald Reagan. Per molti di loro, il governatore repubblicano della California non era un estraneo. In effetti, alla fine della seconda guerra mondiale, Reagan fu portavoce della Crociata per la libertà, la raccolta fondi per accogliere negli Stati Uniti gli immigrati dall’Europa orientale in fuga dal comunismo. Difatti si trattava di radunare nazisti, fascisti ed ustascia nel Blocco delle Nazioni anti-bolsceviche (ABN). E il vicepresidente George H. Bush era un altro amico. Da direttore della CIA fu a capo dell’Operazione Condor.

L’età d’oro della WACL

Con l’arrivo di Ronald Reagan e George H. Bush alla Casa Bianca, la WACL riacquista vigore e continua a svilupparsi. I vecchi contatti danno frutti. Il complesso militare-industriale degli Stati Uniti finanzia la creazione della sezione statunitense della WACL denominata Consiglio per la Libertà Mondiale (Council for World Freedom, USCWF). Il presidente era il generale John K. Singlaub e il vicepresidente era il generale Daniel O’Graham. Ma non solo. Il complesso militare-industriale fece della WACL lo strumento centrale della repressione anticomunista mondiale. Singlaub divenne così presidente della WACL.

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La Lega agisce su tutti i fronti :
Per combattere la presenza sovietica in Afghanistan, il Consiglio di Sicurezza Nazionale statunitense [15] finanziò una sezione della WACL: il Comitato per un Afghanistan Libero con sede presso la Fondazione Heritage. L’operazione inizia con la visita ufficiale di Margaret Thatcher e Lord Nicholas Bethell, capo dipartimento dell’MI6, negli Stati Uniti, e la dirige il generale J. Milnor Roberts. Il Comitato è direttamente coinvolto nel supporto logistico ai “combattenti per la libertà”, autorizzati dal direttore della CIA William Casey [16] e diretti da Usama bin Ladin [17]. Il legame tra la WACL e l’affarista saudita l’assicura un collaboratore dello sceicco, Ahmad Salah Jamjun dell’impresa di costruzioni Bin Ladin Group, e un ex-primo ministro dello Yemen del Sud [18].
Nelle Filippine, il presidente Ferdinando Marcos rappresenta la WACL. Ma quando viene estromesso nel 1986, John K. Singlaub e Ray Cline arrivano nel Paese per scegliere nuovi partner, quindi creano un gruppo paramilitare antiguerriglia e scelgono il generale Fidel Ramos [19], amico di Frank Carlucci [20], George H. Bush e Bin Ladin.
Per combattere la rivoluzione sandinista in Nicaragua, la WACL crea una base logistica nella proprietà di John Hull in Costa Rica, con istruttori argentini. La Lega usa anche i servizi offerti dal Capo di Stato Maggiore dell’Honduras, generale Gustavo Alvarez Martinez, che recluta mercenari utilizzando la copertura umanitaria del Refugee Relief International.
In Guatemala, la WACL conta su Mario Sandoval Alarcon, capo del Movimento di Liberazione Nazionale. Sandoval, vicepresidente nel 1974-1978, era il vero padrone del Paese, essendo il generale-presidente Romeo Lucas Garcia null’altro che un burattino. Sandoval creò gli squadroni della morte che uccisero più di 13000 persone in cinque anni.
Nel Salvador, la WACL si affidò a Roberto D’Aubuisson, formatosi all’accademia di Taiwan e beneficiario degli aiuti dai guatemaltechi. D’Aubuisson divenne capo dell’ANSESAL, equivalente locale della CIA, e di un’organizzazione paramilitare di destra, il Partito Repubblicano Nazionalista (ARENA). Inoltre, creò gli squadroni della morte e fece uccidere l’arcivescovo Oscar Romero.

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Harry Aderholt & John Singlaub

Ma il successo della WACL ne causò anche la caduta. Nel 1983, il sottosegretario alla Difesa Fred C. Iklé [21] creò al Pentagono un comitato segreto di otto esperti, il Consiglio per la Difesa della Libertà, guidato dal generale John K. Singlaub [22]. E’ noto che la commissione decise che l’intervento segreto in Afghanistan fosse un modello da seguire anche in Nicaragua, Angola, Salvador, Cambogia e Vietnam, ma non vi sono abbastanza documenti sui dettagli delle loro operazioni.
Nel 1984 Ronald Reagan lasciò alla Lega in generale e in particolare a John Singlaub, il finanziamento congiunto dell’Irangate sotto la diretta autorità del colonnello Oliver North del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Lo scandalo scoppiò nel 1987, svelando tutto e distruggendo la WACL.

Traduzione
Alessandro Lattanzio
(Sito Aurora)
[1] « Stay-behind : les réseaux d’ingérence américains », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 20 août 2001.
[2] L’esercito francese perse la battaglia di Dien Bien Phu il 7 maggio 1954.
[3] D’altra parte, il 29 gennaio 1955, il Congresso diede carta bianca al presidente Eisenhower autorizzandolo ad entrare in guerra per difendere Taiwan se attaccata dai comunisti.
[4] « Révérend Moon : le retour », Réseau Voltaire, 26 mars 2001.
[5] Il principe Sopasaino, vicepresidente dell’Assemblea Nazionale del Laos, fu intercettato dalle autorità francesi nell’aeroporto Orly di Parigi, il 23 aprile 1971. Aveva nei bagagli 60 kg di eroina pura.
[6] Ray S. Cline fu l’analista più ascoltato allo scoppio della guerra di Corea. Fu capo della stazione della CIA a Taipei dal 1958 al 1962. La sua copertura era direttore dell’US Naval Auxiliary Communications Center. Divenne vicedirettore della CIA grazie al cambio del personale causato dal fiasco della Baia dei Porci. Pubblicò un libro di memorie, Secrets, Spies and Scholars, Editorial Acropolis Books, 1976.
[7] Michael Laseter era il principale responsabile della Chiesa universale e trionfante (CUT) di Elizabeth Claire. A metà degli anni ’70, la setta fu al centro di uno scandalo quando un arsenale militare fu scoperto presso la sede in California. Uno dei suoi capi fu nominato direttore esecutivo della rappresentanza della WACL in Afghanistan, negli anni ’80.
[8] La Scuola delle Americhe (SOA) fu poi trasferita a Fort Benning negli Stati Uniti. La nostra biblioteca elettronica offre una guida completa agli studenti della scuola nel 1947-1996.
[9] Questa operazione sembra essere stata condotta in coordinamento con monsignor Alfonso Lopez Trujillo, allora Segretario Generale della Conferenza Episcopale Latinoamericana (CELAM).
[10] « 1980 : carnage à Bologne, 85 morts », Réseau Voltaire, 12 mars 2004.
[11] La Coalizione Nazionale per la Pace attraverso la Forza ebbe fino a 257 congressisti.
[12] Il tenente-generale Daniel O’Graham fu vice direttore della CIA incaricato delle relazioni con le altre agenzie d’intelligence (1973-1974) e successivamente direttore della DIA (1974-1976). Direttore esecutivo del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli USA, fu uno dei principali fautori della proposta “Star Wars”. Fondò High Frontier che presiedette fino alla morte nel 1995.
[13] Nel 1975, l’estrema destra accusò la CIA di essere stata penetrata da infiltrati comunisti e di minimizzare il pericolo rosso. Il presidente Ford quindi nominò George H. Bush direttore dell’Agenzia ed autorizzò il completamento di una contro-verifica. Richard Pipes creò “Team B” che pubblicò un rapporto allarmista per giustificare la ripresa della corsa agli armamenti. Oggi è noto che la Commissione Pipes travisò deliberatamente i dati per aprire mercati al complesso militare-industriale. Su questo argomento, vedasi: « Les marionnettistes de Washington », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 13 novembre 2002. “Daniel Pipes, esperto dell’odio”, Traduzione di Franco Cilli, Rete Voltaire, 5 maggio 2004.
[14] John K. Singlaub fu un ufficiale dell’OSS durante la seconda guerra mondiale. Creò la guerriglia del Kuomintang di Chiang Kai-shek contro i giapponesi. Durante la guerra di Corea fu a capo della stazione della CIA, e più tardi, durante la guerra del Vietnam, diresse i Berretti Verdi. Fu istruttore di controinsurrezione a Fort Benning. Andato in pensione, divenne il direttore della formazione presso il Consiglio di Sicurezza Nazionale degli USA. Fu in quella posizione che divenne co-presidente della Coalizione e, in seguito presidente della Lega.
[15] La National Endowment for Democracy finanzia il Comitato dal 1984. Questi poi trasmetteva parte dei fondi ricevuti a organizzazioni umanitarie per i propri scopi politici in Afghanistan, in particolare Medici senza frontiere, Bernard Kouchner e Assistenza medica internazionale.
[16] Gli Stati Uniti destabilizzarono deliberatamente l’Afghanistan, ma non si aspettarono l’entità della reazione militare di Mosca. Washington quindi mobilitò gli alleati nella guerra, non per “liberare” gli afgani, ma esplicitamente per evitare che l’URSS avanzasse verso il Mare Arabico.
[17] Nel 1983, la WACL stampò T-shirt con l’effige di Usama bin Ladin e la scritta “Sostieni i combattenti per la libertà afgani. Combattono per te!“.
[18] Usama bin Ladin non veniva presentato come un musulmano credente, ma come affarista anticomunista scelto dal principe Turqi, capo dei servizi segreti sauditi, per partecipare alla guerra degli Stati Uniti contro i sovietici. Bin Ladin fu prima responsabile della direzione della costruzione delle infrastrutture necessarie ai “combattenti per la libertà”, dopo gestì i rifornimenti ai mujahidin stranieri che li raggiunsero. Usama Bin Ladin divenne solo alla fine un credente musulmano per imporre la sua autorità.
[19] Il generale Fidel Ramos fu eletto presidente nel 1992. Alla fine del mandato, nel 1998, entrò nel Gruppo Carlyle. Vedasi: « Le Carlyle Group, une affaire d’initiés », Réseau Voltaire, 9 février 2004.
[20] « L’honorable Frank Carlucci », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 11 février 2004.
[21] Fred C. Iklé era il secondo di Caspar Weinberger al Pentagono. Questo storico guerriero freddo è attualmente membro di Center for Security Policy (CSP) e di Progetto per il Nuovo Secolo Americano (PNAC), ed amministratore della Smith Richardson Foundation.
[22] Tale comitato comprende i generali Harry Aderholt e Edward Lansdale, il colonnello John Waghelstein, Seale Doss, Edward Luttwak, il maggiore F. Andy Messing Jr. e Sam Sarkessian.

Preso da: http://www.voltairenet.org/article192711.html

Tutti migranti, come merce dentro ai pacchi: le nuove direttive UE e Onu contro ogni sovranità

 

L’Europa e l’ONU si accingono a mettere nero su bianco le regole definitive sull’immigrazione, che saranno valide per tutti i Paesi. E’ la costruzione di un vero sistema per la mobilità umana, che prevede società aperte, accoglienza, e zero respingimenti. Lo scopo? Nel mondo globalizzato anche  gli esseri umani devono essere rapidamente spostabili come le merci. Opporsi? Non è previsto.
di Francesca Totolo
Partiamo dall’ultima trovata che arriva dalla Commissione Europea. I Paesi membri dell’Unione Europea che hanno mostrato più solidarietà nell’accoglienza dei migranti, come Grecia e Italia, saranno premiati dai fondi strutturali del prossimo budget UE 2021-2027. Chi invece si mostrerà refrattario a fare la sua parte a favore degli immigranti e sul rispetto dello stato di diritto, come Ungheria e Polonia, si troverà penalizzato. Continue promesse da Jean-Claude Juncker e Frans Timmermans, sempre disattese, che sembrano piuttosto voler colpire gli Stati Visegrad e l’Austria, rei di voler difendere gli interessi dei propri connazionali invece di aprire le frontiere agli stranieri indiscriminatamente.
Le dichiarazioni della Commissione Europea arrivano in seguito all’incontro pubblico del 16 aprile scorso voluto da George Soros. Durante il meeting, lo speculatore ungherese ha esposto le sue ragioni a Timmermans (Vice Presidente della Commissione Europea) contro il governo ungherese guidato dal Premier Viktor Orbán a proposito del pacchetto legislativo “StopSoros” che ha portato alla chiusura della sede della Open Society Foundations di Budapest e a quella, che sarà definitiva nel 2021, della Central European University fondata e finanziata dalla fondazione di Soros.

I legami di amicizia e stima personale che legano George Soros, Jean-Claude Juncker e Frans Timmermans sono chiari e noti da tempo. Lo stesso Vice Presidente della Commissione Europea parla di un rapporto che lo lega al magnate da più di vent’anni e di condividere il suo impegno a favore della “società aperta”. Come sono noti i pranzi informali, che si svolgono mensilmente a Bruxelles, dove i tre e Martin Schulz condividono le proprie opinioni e le possibili soluzioni da portare in Commissione.
L’Unione Europea, sembra seguendo le direttive del consulente George Soros, sta cercando di correre ai ripari a causa della crescente “minaccia populista” dilagante in ogni Stato membro, delle sempre crescenti percentuali di cittadini europei che chiedono lo stop all’immigrazione (ora il 78%), e in vista delle elezioni del 2019.
Gli eurocrati, quindi, sembrano sempre più convinti che si debba intervenire sulla questione migratoria per quietare l’opinione pubblica, ovviamente senza nessuna intenzione di arrestare il flusso costante e continuo grazie a opportuni accordi con i Paesi di origine e attraverso una seria ridiscussione della cooperazione internazionale.
Dal 2016, come sancito dal Migration Partnership Framework redatto dalla Commissione Europea e come suggerito dall’ispiratore degli Stati Uniti d’Europa, George Soros, la UE sta tentando di riprendere il controllo dei suoi confini e si sta impegnando nel costruire meccanismi comuni per proteggere le frontiere, per determinare le richieste di asilo e per trasferire i rifugiati.
Questo piano della Commissione Europea non è altro che un’ulteriore perdita di sovranità degli Stati membri; si parla della gestione centralizzata dei confini dell’Unione attraverso il rafforzamento del coinvolgimento delle agenzie europee, come Frontex e EUROPOL, che andranno di fatto a coordinare le autorità nazionali, di uffici della UE dislocati nei Paesi di transito per una comune amministrazione delle procedure delle richieste di asilo, e di una maggiore partecipazione delle organizzazioni del settore privato. Ovviamente nel piano, non potevano mancare i corridoi umanitari gestiti centralmente dalla Commissione Europea con ricollocamento obbligatorio negli Stati membri.
Quando tutte le operazioni comprese nel Migration Partnership Framework saranno implementate, l’Italia non avrà più nessun potere e controllo a proposito delle politiche migratorie. In cambio il nostro Paese forse riceverà due denari in fondi strutturali che saranno chiaramente destinati alla formazione e all’inclusione sociale degli immigrati arrivati.
E a livello internazionale non va meglio. Nel dicembre del 2018, sarà pubblicato il Global Compact on Migration, documento delle Nazioni Unite che segnerà un punto di svolta per l’immigrazione e traccerà le linee guida che le singole nazioni e l’Unione Europea dovranno seguire.
Possiamo affermare che il tweet pubblicato a Pasqua di IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), agenzia collegata alle Nazioni Unite, non promette nulla di buono.
Per IOM, “l’immigrazione è inevitabile, desiderabile e necessaria”. Quindi nessuna intenzione di intervenire, come si dovrebbe, nei Paesi di origine, perché l’immigrazione è un fenomeno auspicabile per l’occidente. Alla Boeri, insomma.
Il 4 aprile scorso, alti funzionari dell’Unione Europea e della IOM si sono incontrati a Bruxelles per discutere sui contenuti del futuro Global Compact on Migration. Il direttore generale dell’IOM, William Lacy Swing, ha dichiarato: “Abbiamo un’opportunità storica per costruire un sistema per la mobilità umana in cui le persone possano muoversi in sicurezza, legalmente e volontariamente, nel pieno rispetto dei loro diritti umani. Abbiamo particolarmente bisogno di fare progressi nell’affrontare il movimento dei migranti più vulnerabili con esigenze di protezione specifiche.(…) Siamo ottimisti sul fatto che con i leader dell’Unione Europea, raggiungeremo un accordo che fornisca un quadro unificante di principi comuni, degli impegni e di comprensione tra gli Stati membri su tutti gli aspetti della migrazione”.
Sono state pubblicate varie bozze sul futuro Global Compact on Migration, e sono perfettamente in linea con la nuova direzione, di sorosiana ispirazione, presa dalla Commissione Europea. Prenderemo in esame l’ultima versione stilata il 26 marzo scorso.
Già il preambolo svela il contenuto che sarà sviluppato nel documento: “Questo Global Compact esprime il nostro impegno collettivo a migliorare la cooperazione sull’immigrazione (il termine utilizzato è migrazione ma gli uccelli migrano, non le persone) internazionale. L’immigrazione ha fatto parte dell’esperienza umana nel corso di tutta la sua storia, e riconosciamo che è una fonte di prosperità, innovazione e sviluppo sostenibile del nostro mondo globalizzato. La maggior parte dei migranti di tutto il mondo oggi viaggia, vive e lavora in modo sicuro, ordinato e regolare. Ma la migrazione incide indubbiamente sui nostri Paesi in modo molto diverso e a volte in modi imprevedibili. È fondamentale che l’immigrazione internazionale ci unisca piuttosto che dividerci. Questo Global Compact definisce la nostra comprensione comune, le responsabilità condivise e l’unità di intenti in merito all’immigrazione in modo tale che funzioni per tutti”.
Nel Global Compact, si continua a parlare di canali legali per l’immigrazione. Le Nazioni Unite si impegneranno a migliorare la disponibilità e la flessibilità dei percorsi per l’immigrazione regolare, basandosi sulle realtà demografiche e globali del mercato del lavoro per “massimizzare l’impatto socioeconomico degli immigranti”. Ovvero i mondialisti delle Nazioni Unite continuano a spingere verso la costituzione di quello che Karl Marx ne Il Capitale chiamava l’esercito industriale di riserva.
L’obiettivo 8 riguarda molto da vicino l’Italia: “Ci impegniamo a collaborare a livello internazionale per salvare vite umane e prevenire morti e feriti tra i migranti, attraverso operazioni congiunte di ricerca e soccorso, raccolta e scambio standardizzati di informazioni. Per questo impegno dovremo sviluppare procedure e accordi sulla ricerca e il salvataggio con l’obiettivo primario di proteggere il diritto alla vita dei migranti che è negato dai respingimenti alle frontiere terrestri e marittime”.
Questo significa che le Nazioni Unite e l’Unione Europea non permetteranno, dopo l’introduzione del Global Compact, i respingimenti assistiti dei barconi partiti dalla Libia, punto inserito nel programma elettorale della coalizione del centro destra e sviluppato da Gianandrea Gaiani.
L’obiettivo 11 ”Gestire i confini in modo integrato, sicuro e coordinato” auspica dichiaratamente un coordinamento centrale delle frontiere, in piena sintonia con il piano europeo: “Impegno a gestire i confini nazionali in modo coordinato che garantisca la sicurezza e faciliti i movimenti regolari di persone, nel pieno rispetto dei diritti umani di tutti i migranti, indipendentemente dal loro status”. Quindi libero accesso a tutti i migranti, senza alcuna distinzione tra i reali beneficiari della protezione internazionale e i migranti economici.
Rafforzare la certezza e la prevedibilità nelle procedure di immigrazione” è l’obiettivo 12, e prevede la standardizzazione a livello internazionale delle metodologie riguardanti la gestione nazionale degli immigrati (identificazione, valutazione, assistenza, etc). Gli Stati avranno dei protocolli operativi forniti dalle Nazioni Unite, e non godranno più di nessun tipo di libertà nelle procedure di smistamento e riconoscimento degli immigrati.
La detenzione degli immigrati sarà usata solo limitatamente, e questo varrà sia al momento dell’ingresso sia nel procedimento di rimpatrio. Quindi in Italia, saranno pressoché aboliti i CIE (Centri di identificazione ed espulsione), mentre gli Hotspot e i CARA saranno regolamentati per non ledere i diritti degli immigrati che, come documentato, spesso fanno resistenze, anche violente, nelle procedure di identificazione.
L’obiettivo 16 prevede l’impegno dello Stato, che accoglie gli immigrati, di “promuovere società inclusive e coese”, riducendo al minimo le disparità, cercando di aumentare la fiducia dell’opinione pubblica a proposito delle politiche migratorie applicate e facendo comprendere ai cittadini che gli stranieri contribuiscono positivamente alla prosperità del Paese. Le famose “risorse” di boldriniana memoria.
E questi sono solo gli obiettivi più prevaricanti delle sovranità nazionali. Il Global Compact on Migration delle Nazioni Unite, al momento della sua sottoscrizione a fine anno, toglierà ogni tipo di libertà di azione ai governi dei Paesi di transito e/o di arrivo dei migranti. Tutte le procedure saranno standardizzate, realizzando in un prossimo futuro un occidente “no border” dove vigerà la libertà totale di mobilità delle persone oltre a quello delle merci.
E così sarà il vero globalismo voluto dal capitale, con gli orwelliani maiali della Fattoria degli animali al potere.

AFRICA, CULLA DEL NEOLIBERISMO

di  Ilaria Bifarini

Ilaria Bifarini, blogger e autrice del libro “I coloni dell’austerity”, parla ai microfoni di Byoblu.com del legame fra neoliberismo, Africa e fenomeni migratori di massa: cosa possiamo imparare dall’esperienza africana? Chi sono i veri carnefici e le vere vittime della globalizzazione della povertà? Come possiamo distinguere le cause dagli effetti nelle politiche di austerity?


È attraverso la globalizzazione della povertà che questa economia, questo modello perverso  assolutamente autodistruttivo, oltre che antisociale, si sostiene.

Di nuovo con noi Ilaria Bifarini, buonasera e bentornata su Byoblu.com.
Grazie, grazie a voi e buonasera.
Dopo il grandissimo successo del primo video neoliberismo e manipolazione di massa, “I coloni dell’austerity” è il tuo nuovo libro, nel quale parli di Africa, migrazioni di massa e neoliberismo in un unico contenitore: vuoi spiegarci meglio? Come mai accosti questi tre fattori?
Perché le politiche di immigrazione di massa altro non sono che lo strumento che usa attualmente il neoliberismo per imporre la globalizzazione della povertà. Quello che è accaduto in Africa è quanto ora si sta riproponendo in Europa e in Occidente, attraverso le politiche neoliberiste dell’austerity.

Infatti la narrazione unica dominante attribuisce tutte le colpe del sottosviluppo endemico dell’Africa all’esperienza coloniale, creando una questione morale per cui l’accoglienza è un modo per sdebitarsi per quanto è accaduto in passato, come fosse una colpa da espiare. In realtà, a seguito della decolonizzazione (che nel mio libro indico come una falsa decolonizzazione), le politiche nazionaliste, che stavano prendendo piede attraverso, ad esempio, la sostituzione delle importazioni e dei tentativi di sviluppo dell’industria nascente locale e che avevano portato in Africa e in tutto il terzo mondo a una età d’oro (una crescita a livello locale e a livello di sviluppo socio-economico), vengono poi interrotte per l’irruzione delle politiche neoliberiste. Ciò accade attraverso uno strumento che hanno dato a tutti: è noto a noi in Occidente e soprattutto in Italia, ossia lo strumento del debito.
Dopo la crisi del debito infatti, avvenuta nel 1982 con il default dichiarato dello stato del Messico, vengono attuati e imposti da parte della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale i piani di aggiustamento strutturale, ossia dei piani che prevedono delle condizionalità per la concessione del debito. E’ esattamente quello che sta avvenendo ora in Europa: è di pochi giorni fa la notizia della revoca dei fondi a Stati come l’Ungheria, se non rispettano le condizioni che l’Europa vuole; scopriremo, attraverso lo studio e l’analisi della storia economica post coloniale, come sia stato proprio il terzo mondo, e in particolare l’Africa, la culla del neoliberismo.
Il mio libro non riguarda specificatamente l’Africa (perché non sono un’esperta di questo continente, sul quale esistono libri specifici dedicati alla materia), ma in realtà parla del neoliberismo, continuando lo studio che ho iniziato con il mio precedente libro “Neoliberismo e manipolazione di massa”. Questa volta mi concentro invece sul neoliberismo e le migrazioni di massa e studio il caso Africa, perché è proprio da quello che accade nel terzo mondo che possiamo valutare quale sarà il potenziale distruttivo delle politiche di austerity, sperimentate proprio lì in Africa che ora vengono attuate da noi in Occidente. Quindi l’Africa siamo noi: con 30 o 40 anni di ritardo sta succedendo esattamente quello che è già stato sperimentato nei Paesi del terzo mondo e che ne hanno impedito lo sviluppo economico; questa mancanza di avvio di uno sviluppo economico sta portando ai fenomeni migratori massivi, che esportano la povertà in occidente, attuando la globalizzazione della povertà, fine ultimo del neoliberismo, perché è il solo obiettivo e motivo di business economico e di speculazione.
Studiare quello che è accaduto in Africa e conoscere la sua storia può essere molto utile per evitare di incorrere nel disastro economico verso il quale ci siamo avviati con le attuali politiche neoliberiste e dell’austerity. Rilevo attraverso l’analisi dell’evoluzione del debito pubblico dei principali paesi di emigrazione, come la Nigeria e l’Etiopia, come le politiche di contenimento del debito pubblico degli ultimi decenni e in particolare se noi prendiamo il caso della Nigeria, uno dei principali Paesi di emigrazione, che presenta un debito pubblico del 15%, uno dei più bassi al mondo. Queste politiche di austerity sono la prova di come impoveriscano la popolazione e inibiscano definitivamnete lo sviluppo portino ad un aggravarsi delle disuguaglianze sociali ed economiche e per cui l’unica soluzione è quella dell’emigrazione e purtroppo è quanto accade anche da noi in Italia dove sempre più giovani sono costretti ad emigrare per cercare lavoro. Importiamo il frutto della disperazione del neoliberismo e allo stesso tempo ne siamo vittime: quindi l’Africa siamo noi e la globalizzazione della povertà è stata portata a compimento.
Quindi, secondo te, in Africa sono state sperimentate le tecniche neoliberiste, in parte, per poterle poi applicare qui e, in parte, per creare un fenomeno che crei ancora più difficoltà in Europa?
Addirittura c’è chi fa risalire la nascita del neoliberismo con il Washington Consensus, avvenuto nel 1989, con il quale vengono stabilite ed applicate le politiche neoliberiste nel terzo mondo e in Africa in particolare; il neoliberismo nasce come attuazione (non ideologicamente) nei Paesi del terzo mondo e in Africa ed è possibile anche risalire alla Shock Economy e al caso che ho già citato nel precedente video su Allende, il colpo di stato che porta Pinochet al potere e l’ascesa dei Chicago Boys.
In realtà attraverso queste politiche di privatizzazione e liberalizzazione incontrollata con un focus totale sull’ esportazione, tant’ è vero che in Africa si dice che la povertà, come affermano studiosi africani economisti del luogo, non è dovuta alla mancanza di risorse, ma alla sua esportazione: anziché consumare le risorse, vengono esportate e questo provoca fenomeni veramente paradossali.
Però le esportazioni, in un sistema equilibrato, creano ricchezza, se non ho capito male di tutto quello hanno detto fino ad oggi gli economisti, che abbiamo avuto con noi. Perché non sta succedendo questo?
In realtà non è così, perché un’economia che non tutela la propria industria locale e che non sviluppa innovazione e investimenti, ma si basa soltanto sulla esportazione di materie prime, come quello che accade alle ex colonie (basate su un tipo di modello che viene chiamato estrattivo), impedisce che ci sia una specializzazione del capitale umano, un’innovazione e un progresso; il Fondo Monetario Internazionale opera anche delle svalutazioni monetarie in questi Paesi, dove in buona parte dell’Africa esiste ancora una valuta coloniale, il Franco CFA, una delle forme più palesi dell’impero neocolonialista esercitata dalle attuali potenze finanziarie. Di recente c’è stato l’arresto dell’attivista panafricano Kemi Seba, che aveva osato strappare un Franco CFA, proprio per rivendicarne l’illegittimità.
Tutto questo ha impedito lo sviluppo economico dell’Africa, dove invece sono state sempre più poste come condizioni per ottenere prestiti, che servivano a ripagare il debito che, a sua volta, serviva per ripagare gli interessi sul debito; quindi l’Africa è finita sotto il tritacarne del debito e degli interessi sul debito, nel quale siamo poi finiti ora: per cui il caso Africa è un caso molto importante di studio economico per valutare quale sia il potenziale distruttivo della politica neoliberista, che stiamo attuando e subendo adesso, perché imposta dalla Troika. Qello che ha fatto il Fondo Monetario e la Banca Mondiale in Africa è ciò che ha fatto la Troika in Grecia: esiste un parallelismo evidente e davvero sconcertante.
Le migrazioni di massa come si inseriscono in questo contesto? Le migrazioni sono l’effetto della globalizzazione anche dei dei costumi; l’Africa sta vivendo una crescita demografica inarrestabile e, proprio per mancanza di politiche di sviluppo, non ha fatto quel percorso di transizione demografica che porta di solito i Paesi dallo stadio del sottosviluppo allo stadio dello sviluppo, per cui si prevede addirittura che entro il 2050 la popolazione africana raddoppierà, passando da 1,2 a 2,5 miliardi di individui: l’emigrazione viene vista come unica soluzione e possibilità, di fronte a una disuguaglianza sempre maggiore e a una povertà endemica, a cui non si non si pone fine. Questo porta a incentivare le speculazioni dietro alle ONG e ai traffici di migranti e addirittura il modello dell’emigrazione viene considerato un modello di sviluppo anche da molti economisti e studiosi mainstream.
In che senso viene considerato un modello di sviluppo?
E’ un modello di sviluppo nel senso che, emigrando e consentendo a un giovane della famiglia di emigrare, si fa si che, secondo questa teoria ipotetica, possa portare maggiori competenze nel proprio Paese, una volta tornato, attraverso un’integrazione lavorativa, che non ci sarà mai in Paesi come il nostro, dove il tasso di disoccupazione giovanile è ai massimi storici e tra i più alti in Europa.
Quindi in un sistema utopico il meccanismo dell’emigrazione da Paesi meno sviluppati a Paesi più sviluppati, dove non solo c’è piena occupazione, ma c’è anche bisogno di forza lavoro, diventa sostenibile?
Esatto, ma è sempre un modello irreale, ipotetico e fallace, proprio come quello su cui si basa il sistema neoliberista e che permetterebbe di portare a una crescita dell’economia locale dei Paesi di provenienza, attraverso le rimesse economiche, ossia i soldi che i giovani immigrati mandano alle famiglie di origine; tutto ciò porta invece a una grande speculazione dei servizi di trasferimento di denaro, perché le commissioni applicate sulle rimesse economiche africane verso l’Africa (10%) sono le più alte in assoluto: a monte c’è tutto un business, come quello dei prestiti per emigrare concessi da Brac (la più grande ONG al mondo), sui quali poi verranno applicati degli interessi e dei vincoli.
Le famiglie di origine accedono ai prestiti per poter espatriare e mandare all’estero i propri figli, imbarcarcandosi in questi viaggi della speranza per ritrovarsi di nuovo nella spirale del debito: ritorniamo ancora una volta all’essenza del neoliberismo, cioè tutto gira intorno al debito e alla speculazione, alla povertà e alla miseria, uniche fonti di guadagno di un’economia che ha perso il suo connotato di economia reale. Siamo di fronte all’economia della distruzione, della sofferenza e della povertà e, attraverso la globalizzazione della povertà, questo modello perverso e autodistruttivo, oltre che antisociale, si sostiene in questo modo: si impoveriscono di conseguenza i Paesi di accoglienza e si creano anche degli scontri sociali inevitabili là dove manca lo Stato Sociale per il nostro Paese, che è quello di maggiore approdo per le stesse politiche di austerity, che hanno già depredato l’Africa.
Lo Stato Sociale lascia i giovani senza una difesa, senza nessuna possibilità se non quella di emigrare e senza nessun supporto; al contrario Lo Stato Sociale, quindi l’assistenza, viene concesso a questi giovani immigrati, perché dietro c’è sempre il solito giro perverso di speculazione e questo non può che creare rabbia e frustrazione sociale di fronte a chi si trova in una situazione di sofferenza; ma questi scontri sociali sono scontri orizzontali intraclasse, che deviano il potenziale rivoluzionario e di ribellione, che sta dietro il malcontento della popolazione, verso un falso obiettivo, il famoso scontro tra poveri, per cui poi si ingenerano anche fenomeni di razzismo:  non dico che siano giustificabili, però sono comprensibili in uno scenario di questo tipo, dove il cittadino si sente discriminato rispetto all’immigrato e di conseguenza tende a colpevolizzare l’immigrato stesso, facendone un nemico. E questo è funzionale al sistema, perché permette la sopravvivenza di questa eterna speculazione sulla miseria e sul degrado sociale.
Ilaria, grazie mille per queste parole perché credo che ce ne sia molto bisogno: è molto difficile stare nel mezzo quando si parla di questo tema, perché o ti prendono per razzista o ti prendono per quello che vuole accogliere tutti; però in realtà non siamo neanche i primi a fare questi discorsi, partono proprio da lì questi ragionamenti e alcuni presidenti africani hanno fatto questi ragionamenti o sbaglio?
Esatto, prendo  le mosse da quello che è stato il primo presidente del Burkina Faso ex Alto Volta, il burkinese Thomas Isidore Noël Sankara (da molti considerato il Che Guevara africano), un vero eroe rivoluzionario dell’Africa, ma purtroppo viene poco conosciuto e viene poco divulgato dal mainstream. Thomas Sankara nel 1987, oltre 30 anni fa, davanti al organizzazione dell’Unione africana osò dire quello che economisti coraggiosi dicono soltanto oggi: “smaschererò l’inganno del debito … rimborsare o non rimborsare il debito non è una questione morale, non è una questione d’onore, perché se noi pagheremo probabilmente moriremo, se noi non pagheremo loro non moriranno, statene certi”.
Lui aveva previsto che queste sue parole così rivoluzionarie e provocatorie di fronte al mondo intero avrebbero avuto delle ripercussioni e aveva anche messo in conto di pagare con la morte il suo coraggio, tant’è vero che affermò: “probabilmente pagherò con la morte, ma dopo di me ci saranno altri, cento, mille Sankara”. Tre mesi dopo venne assassinato pare dal suo successore, Blaise Compaoré, appoggiato dai francesi e da forze internazionali, che portò avanti tutte le riforme neoliberiste a cui, coraggiosamente, Sankara si era sottratto, cercando in quel periodo e raggiungendo ottimi risultati per un Paese come il Burkina Faso, che è tra i più poveri al mondo, e cercando di portare e di far sviluppare un’economia nazionale e di produzione locale: era famosa la scena in cui mostrava il suo abito tradizionale cucito dalle donne burkinesi e tacciava invece di essere quasi ridicoli coloro che indossavano abiti americani di importazione; portò un grande contributo al sistema di infrastrutture e al sistema sanitario, facendo riuscire a vaccinare 3 milioni di bambini. Nonostante però abbia raggiunto ottimi risultati e fosse molto amato dal suo popolo, venne brutalmente stroncato.
E’ così che opera il neoliberismo e, ancora peggio, ad ammazzarlo doppiamente è stato il silenzio di un personaggio così importante e così eroico, che in pochi conoscono proprio, perché occultato da una narrazione dominante che preferisce addossare tutte le colpe della povertà e del sottosviluppo attuali e di questo continente così ricco di risorse al passato coloniale: dobbiamo sentirci in colpa noi stessi per quello che abbiamo fatto, dobbiamo colpevolizzare la vittima, così attraverso i nostri sensi di colpa possiamo accettare tutte le imposizioni da parte di queste forze, che operano in funzione del loro profitto attraverso l’imposizione delle politiche neoliberiste.
Visto che studi tanto questi argomenti, io spero che il prossimo libro sarà “La medicina al neoliberalismo” per capire quali siano le azioni che possiamo intraprendere per arginare questa questo scatafascio.
In realtà alla fine del libro offro anche delle soluzioni che sono sempre possibili, però dobbiamo innanzitutto prenderne consapevolezza, perché la conoscenza è fatta di interiorizzazione dei contenuti, non è fatta solo di informazione; una volta che noi prendiamo consapevolezza di come effettivamente il sistema operi e di come basterebbe poco per smascherarlo, allora possiamo anche pensare a delle soluzioni, però bisogna avere un quadro completo perché altrimenti si scambiano vittime con carnefici e cure con malattie, che quello che poi facciamo o con il fenomeno della migrazione di massa: dobbiamo accogliere perché loro non sono in grado di svilupparsi da soli o perché spesso c’è molto razzismo anche nei fanatici dell’accoglienza che quasi non vedono in questi giovani degli individui come loro, in grado di lavorare in grado di sviluppare una propria economia, una propria crescita e un proprio percorso di benessere.

Originale con video: https://www.byoblu.com/2018/05/10/africa-culla-del-neoliberismo-ilaria-bifarini/